Tempi supplementari. La presentazione della prossima commissione europea da parte della sua ri-presidente Ursula von der Leyen è stata rinviata, dalla fine di agosto a metà settembre. Sarà quello l'ultimo atto di una partita europea che sin qui è stata per la premier italiana disastrosa ma le cui conclusioni potrebbero essere ribaltate, o almeno sensibilmente modificate, nel finale di partita. L'Italia è uno dei cinque Paesi su 27 che non ha ancora indicato il suo commissario, l'unico ancora assente all'appello tra quelli più importanti.

La premier ha comprensibilmente voluto aspettare la riunione del primo Cdm dopo la pausa estiva per ufficializzare la designazione di Raffaele Fitto. Questione di cortesia anche se sino alla pausa estiva restava un margine di dubbio derivato dall'incertezza sulle deleghe che la presidente affiderà al commissario italiano: impensabile spostare un ministro come Fitto, responsabile dell'attuazione del Pnrr, se non per una postazione di estremo rilievo.

Quel punto interrogativo sembrerebbe aver trovato una risposta soddisfacente per il governo italiano, anche se l'ultima parola non è detta e a maggior ragione dopo il rinvio deciso dalla presidente von der Leyen. A Fitto dovrebbero andare le deleghe a Coesione e Bilancio, dunque una poltrona effettivamente ' pesante' che permetterebbe alla premier, umiliata e sconfitta nella prima fase della partita essendo stata tagliata completamente fuori dalle scelte dei top jobs, di uscire dalla vicenda a testa relativamente alta. Si tratterebbe, se le deleghe in questione diventeranno effettive, di un segnale preciso.

La presidente e il Ppe non intendono spingere Meloni, FdI e i Conservatori verso i Patrioti di Orban. L'irritazione per la non scelta della premier, rimasta comunque a metà del guado fra la destra sovranista e il Ppe resta tutta ma le porte per Giorgia devono restare aperte. Tanto più che la presidente della Commissione e il Ppe dovranno muoversi al buio, senza conoscere un elemento tanto decisivo quanto il nome del prossimo presidente degli Usa. La marcia dei sovranisti è stata frenata ma non fermata e nessuno in Europa si nasconde quale spinta possente sarebbe per loro la vittoria di Trump. È invece difficile, ma non del tutto impossibile, che l'Italia ottenga soddisfazione nella richiesta di una vicepresidenza esecutiva affidata al suo commissario, trofeo che, se conquistato, permetterebbe alla premier italiana di cantar vittoria nonostante le batoste subite nella prima fase della vicenda.

L'ostacolo principale è che i pretendenti a quella postazione sono molti e molto forti e spicca tra questi Macron, che ambisce alla medesima vicepresidenza per il suo commissario riconfermato Thierry Breton. Però non è questo il solo scoglio per le ambizioni di Chigi. Forse anche più impervio è l'altro ostacolo: la parità di genere. O più precisamente l'assenza, per ora, della parità di genere.

Per ora solo cinque Paesi hanno indicato commissarie, alle quali si aggiunge l'Alta rappresentante per la politica estera, la premier estone Kaja Kallas. Von der Leyen è dunque molto lontana dalle 13 donne necessarie per raggiungere la parità, come nella commissione uscente. La presidente intende esercitare ogni sorta di pressione per convincere i governi a modificare le loro indicazioni optando per donne ma ha poche frecce nella sua faretra e una potrebbe essere proprio la vicepresidenza esecutiva. L'Italia però è uno dei Paesi indisponibili a tornare sulla loro scelta e questo è senza dubbio un ulteriore handicap per la conquista di quella vicepresidenza.

La partita europea in questione si chiuderà, in un modo o nell'altro, con la definizione ufficiale della nuova Commissione. Ma subito dopo se ne apriranno altre e non solo quella, evidente, della trattativa per il Piano a medio termine di rientro dalla procedura d'infrazione per deficit eccessivo. Quella è la vera mannaia sospesa sul collo dell'Italia e del suo governo ma il Pnrr non è meno importante.

Lo spostamento di Fitto imporrà una scelta: spacchettamento delle competenze, con viva soddisfazione di tutti i partiti della maggioranza che entrerebbero in campo, o nomina di un nuovo responsabile unico? Gli appetiti politici consigliano la prima strada. Ma per la Ue il Piano sta già procedendo a velocità troppo ridotta e per immaginare di accelerare i tempi con lo spacchettamento ci vogliono molta fantasia e troppo ottimismo.