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«È paradossale che chi si erge ogni giorno a difensore dell’autonomia della magistratura chieda ora a noi di fare pressioni affinché il governo ungherese influenzi le determinazioni dei giudici». Parole del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che oggi è intervenuto in Parlamento per un’informativa urgente sul caso di Ilaria Salis, a un anno dall’inizio della sua detenzione. «Un cortocircuito», quello denunciato dal segretario di Forza Italia, «che alimenta tensioni e polemiche, ma che non fa il bene della signora Salis».
La quale intanto ha ricevuto mercoledì la visita dell’ambasciatore italiano in Ungheria, Manuel Jacoangeli, al quale la ragazza «ha sottolineato il netto miglioramento delle condizioni di detenzione» e «l’approccio generalmente più cortese di tutto il personale carcerario». Salis «può parlare liberamente con famiglia e ambasciata» e «ha avuto accesso ai video a sostegno dell’accusa», anche se «non ha ancora la traduzione in italiano degli atti processuali, questione che l’Ambasciata tornerà a sollevare».
Ma se da un lato si riscontrano miglioramenti nelle condizioni di detenzione, appena due giorni fa Salis è tornata a denunciare le difficoltà da affrontare dopo 365 giorni di carcere, e per questo tutte le pressioni della politica sono sul governo e sul tentativo di muoversi per vie diplomatiche. «A chi grida “Riportate Ilaria in Italia!’”, chiederei a quale soluzione stia pensando - ha sottolineato Tajani - Siamo pronti ad accettare ogni tipo di suggerimento: l’unica per noi percorribile, per un reato commesso in uno Stato membro dell’Unione europea, è quella delle regole». Le quali «prevedono che per chiedere gli arresti domiciliari in Italia, devi prima chiederli e ottenerli nel Paese che esercita la giurisdizione». Ed è proprio su questo punto che il titolare della Farnesina ha voluto evidenziare le «divergenze» tra la strategia difensiva dei legali e le idee della famiglia. «Questa è l’idea condivisa anche dal legale ungherese, stando alle sue dichiarazioni - ha infatti detto Tajani - ma, sempre a quanto riportano le agenzie, non dalla famiglia».
Durante l’informativa in Senato al fianco del ministro degli Esteri sedeva il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, anch’egli partecipe degli incontri con Roberto Salis, padre di Ilaria, e che ha più volte annuito durante il discorso del leader di Fi. Il quale si è reso protagonista, questa volta alla Camera, di un botta e risposta con Peppe Provenzano, deputato del Pd e responsabile Esteri della segreteria di Elly Schlein.
Al centro dello scontro, la possibilità per Salis di scontare gli arresti domiciliari all’ambasciata italiana, ipotesi non scartata a priori da Tajani ma sulla quale il ministro degli Esteri ha posto forti dubbi, in primis per questioni di sicurezza. «Quali sarebbero i problemi di sicurezza? Avete paura ci siano neonazisti in Ambasciata?» ha chiesto Provenzano puntando il dito contro il governo. «Parliamo dei documenti ufficiali», ha ribattuto Tajani a cui Provenzano ha risposto «non avevate la stessa preoccupazione con la documentazione segreta del ministero della giustizia», rievocando il caso che vede coinvolto il sottosegretario Delmastro.
A puntare il dito contro l’esecutivo anche Avs, che con la senatrice Ilaria Cucchi ha annunciato di aver depositato una richiesta di accesso agli atti per rendere pubbliche tutte le comunicazioni tra Roma e Budapest circa le condizioni detentive della nostra connazionale. «È grave che siano state del tutto inascoltate, per un anno, le documentate richieste di aiuto di Ilaria, della sua famiglia e del comitato che si è formato per chiederne il rientro in Italia», ha spiegato Cucchi.