Un video postato sui canali social dalla Lega, proprio mentre Antonio Tajani parlava sul palco del meeting di Rimini, ha rinfocolato lo scontro in maggioranza, già abbastanza rovente, sullo ius scholae. Perché il video in questione, rilanciato anche dallo staff di Matteo Salvini nella chat riservata ai giornalisti, riprendeva una partecipazione di qualche anno fa di Silvio Berlusconi alla trasmissione “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio, nella quale il Cavaliere si schierava nettamento contro l'ipotesi sia dello ius soli che di uno ius scholae concesso dopo la frequenza di un solo ciclo scolastico. Il titolo e la didascalia dal sapore vagamente di sberleffo nei confronti del ministro degli Esteri, messi a corredo del video dai social media manager del Carroccio, poi, hanno fatto il resto: «Noi ius soli e ius scholae», si legge nel post, «parola del grande Silvio». «Ascoltate», prosegue la didascalia, «le parole inequivocabili». Nel video Berlusconi afferma che «non bastano questi dati di frequentazione di un ciclo scolastico, di sapere l'italiano: occorre che questo ragazzo sia sottoposto a un esame». La mossa di comunicazione di Salvini è arrivata dopo che da giorni Tajani e il gruppo dirigente di Fi ripetono il mantra secondo cui il Cavaliere fosse contrario allo ius soli, alla concessione cioè della cittadinanza italiana per il solo fatto di nascere sul suolo nazionale, ma favorevole allo ius scholae. La risposta seccata del segretario azzurro, prontamente incalzato dai cronisti a Rimini, non si è fatta attendere: «Non faccio polemiche», ha affermato, «credo di conoscere bene il pensiero di Berlusconi e non credo che Berlusconi debba essere utilizzato per fare polemiche politiche». «Io non ho fatto», ha proseguito, «e non intendo fare polemica politica con nessuno. So quello che diceva Berlusconi e lui si riferiva a un percorso di studi di cinque anni. Noi diciamo che serve un corso di studio completo, quindi la scuola dell'obbligo fino a 16 anni con il raggiungimento del titolo». «Questa è una linea», ha detto ancora, «che garantisce molta più integrazione di quella prevista dalla legge attuale che dice che a 18 anni puoi diventare cittadino italiano». «Preferisco uno che non ha il cognome italiano e che ha i genitori non nati in Italia», ha concluso, «e che canta l'inno di Mameli a uno che è nato in Italia e ha genitori italiani e che si rifiuta di cantare l'inno di Mameli».

In precedenza, prima e durante il dibattito a cui ha partecipato, Tajani aveva completamente ribadito la linea di Forza Italia sul tema, affermando di volerlo porre all'attenzione del suo gruppo parlamentare, anche se non fa parte del programma di governo e i suoi alleati dissentono platealmente. «Siamo partiti diversi», ha detto il vicepremier, «se no saremmo un partito unico. Siamo per il programma di governo, quello che ci vincola è il programma. Per quanto riguarda lo Ius scholae, non è parte del programma di governo, ma noi possiamo esprimere il nostro giudizio, così come ci sono altri punti che non sono nel programma di governo che vengono sottolineati da altri alleati e ne parliamo». «Però», ha proseguito, «non è che perché un tema non è nel programma di governo non se ne può parlare. Ognuno ha diritto di dire. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualche cosa a me, quindi sono libero di parlare». «Perché io dico che bisogna andare avanti? Non perché sono un pericoloso lassista che vuole aprire le frontiere a cani e porci, ma perché la realtà italiana è questa», ha concluso, «e dobbiamo pensare a quello che sono gli italiani oggi». In giornata, anche da FdI era arrivate le severe considerazioni del capogruppo alla Camera Tommaso Foti a ribadire il fastidio di Palazzo Chigi per la querelle avviata dagli azzurri: “Ci sia consentito dire una cosa agli alleati», ha detto Foti, «nel programma di governo non c'è questo argomento e non c'è neanche nei singoli programmi dei partiti. Gli elettori hanno votato un programma: è legittimo discutere di questioni esterne al programma, ma c'è il fondato dubbio che questo sia un argomento speculare dell'opposizione per creare confusione nella maggioranza». Più possibilista sembra il vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli, sempre di FdI spesso su posizioni dialettiche rispetto alla linea del partito, mentre ha ribadito il suo sì allo ius scholae il leader storico di An ed ex-presidente della Camera Gianfranco Fini.