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Tajani e Salvini
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha ribadito la linea ufficiale dell’Italia in merito al mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
«Non siamo divisi. La politica estera la decidono il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. Consultandoci, abbiamo espresso chiaramente che rispettiamo la Corte, ma studieremo bene le motivazioni. Le opinioni politiche non devono prevalere sul diritto», ha dichiarato Tajani, sottolineando che pur avanzando critiche a Israele per la necessità di proteggere i civili palestinesi, non si può mettere sullo stesso piano chi pianifica massacri e chi si difende.
La posizione dell’Italia e il confronto interno
Il commento arriva in risposta alle dichiarazioni del vice premier Matteo Salvini, che ha espresso disaccordo con il mandato della CPI contro Netanyahu. Tajani, senza polemizzare direttamente, ha affermato: «Salvini ha detto la sua opinione, ma non è il ministro degli Esteri. Io potrei dire qualcosa sui trasporti, ma non sono il ministro dei Trasporti».
La posizione ufficiale dell’Italia, ha ribadito Tajani, resta quella del premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri. L’Italia continua a sottolineare l’importanza di una soluzione che protegga la popolazione civile palestinese senza però equiparare chi pianifica attentati terroristici con chi si difende.
Israele e la tregua con Hezbollah
Sul fronte internazionale, secondo i media israeliani, il premier Benjamin Netanyahu avrebbe accettato "in linea di principio" una proposta di cessate il fuoco con Hezbollah, avanzata dagli Stati Uniti. Il piano, ancora in fase di definizione, prevede tre passaggi chiave: una tregua iniziale, il ritiro delle forze di Hezbollah a nord del fiume Litani e il ritiro completo delle truppe israeliane dal Libano meridionale e negoziati tra Israele e Libano per la demarcazione dei confini, attualmente stabiliti dalle Nazioni Unite.
Un organismo internazionale, guidato dagli Stati Uniti, supervisionerà l’attuazione del cessate il fuoco. Israele richiede, però, una garanzia scritta da Washington che confermi il diritto di agire militarmente in caso di violazioni da parte di Hezbollah.
Razzi e risposte militari
Nel frattempo, la tensione lungo i confini rimane alta. Circa 20 razzi sono stati lanciati dal Libano verso l’Alta Galilea e la Galilea occidentale. Le Forze di Difesa di Israele (IDF) hanno intercettato alcuni di questi razzi, mentre altri hanno colpito aree all’interno del territorio israeliano, come riportato dal Times of Israel.
Le IDF hanno risposto eliminando due comandanti di Hamas: Ahmad Abd el Halim Abu Hussein, responsabile del lancio di razzi, e Muhammad Zakout, coinvolto nell’attacco del 7 ottobre 2023. Inoltre, l’esercito israeliano ha localizzato e smantellato numerosi lanciatori di razzi nel sud del Libano.
Prospettive future
Il governo israeliano studia come presentare l’accordo di tregua all’opinione pubblica, sottolineando i benefici per Israele. Secondo un sondaggio di Channel 12, il 64% degli israeliani sostiene un cessate il fuoco in Libano.