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«Le trattative si fanno sui programmi e non su fogli bianchi, scritti sull’acqua. Matteo Renzi ha lanciato la pietra e nascosto la mano». Nico Stumpo, esponente di punta di Mdp, braccio destro di Pier Luigi Bersani, spiega perché è naufragato il negoziato con il Pd. E prevede: «In parlamento avremo un ruolo determinante».
Onorevole Stumpo, per Massimo D’Alema il Pd rischia di restare schiacciato tra i Cinque Stelle e il centrodestra. Allora perché non vi alleate con il Pd?
D’Alema dice che la legge elettorale è stata artatamente costruita da alcuni bravi politici (“Dettata da Forza Italia” ndr) che non risiedono nel Pd, che non ne ha capito gli effetti. Altrimenti, mi verrebbe da dire che ci sarebbe del dolo.
Addirittura?
E’ stata costruita una legge che prefigura una forte coalizione per la destra e l’indebolimento per tutti gli altri.
Perché la trattativa con Il Pd è naufragata?
Le coalizioni le persone serie le costruiscono sulle politiche e non sulle leggi elettorali. Abbiamo posto da mesi, alcuni temi, a cominciare dalle politiche sociali. Non c’è stata nessuna risposta: dai diritti del lavoro, alla nostra proposta per l’articolo 18, al no alla Cgil sulle pensioni. E ancora no alle misure nella legge di Stabilità per uscire dalla logica dei bonus e dare una prospettiva alle politiche degli investimenti e sulla protezione sociale. Su cosa dovremmo fare una coalizione?
Lei come si spiega questo ultimo tentativo per il quale Renzi ha messo in campo Piero Fassino?
Mi è sembrata la posizione di chi ha lanciato la pietra e ha nascosto la mano. Da un lato, c’è una politica fatta sulle linee sbagliate di questi anni, dall’altro si manda in campo una personalità come Fassino, di cui si riconoscono tante doti. Ma lo stesso Fassino ha fatto un elenco della spesa in cui non c’è niente di concreto sulle cose da fare subito.
Quali?
Non stiamo chiedendo di fare rivoluzioni copernicane, ma due cose che ci rimettano in pari con quanto si è rotto con quel mondo che la sinistra e il centrosinistra devono rappresentare: lavoro e scuola. Si può fare qualcosa, chiudendo la stagione dei licenziamenti collettivi, non monetizzandoli ma ridando dignità al mondo del lavoro e consentendo quindi la reintegra? Si può ridiscutere la “buona scuola”? E visto che siamo tutti d’accordo, possiamo fare lo Ius soli?
Volete la reintroduzione dell’articolo 18?
Non si tratta di reintrodurlo tout court. Io sto parlando di uno dei temi sui quali la direzione del Pd aveva votato e cioè che mai si sarebbe fatto ricorso ai licenziamenti collettivi. E invece nei decreti attuativi il governo Renzi li ha reinseriti, questa è una vergogna su come si tratta il mondo del lavoro.
Renzi vi ha ricordato di aver votato anche voi l’abolizione dell’articolo 18.
Lui omette la cosa più importante: alcuni di noi hanno partecipato al voto sul jobs act in seguito a un precedente voto della dire- zione, in cui, ripeto, il Pd si era impegnato a non toccare i licenziamenti collettivi. Che invece sono stati poi inseriti dentro i decreti delegati e lo ha fatto Renzi in prima persona. Questa è le verità, che è facilmente riscontrabile perché si tratta di atti ufficiali. Quindi, con uno così palesemente bugiardo difficilmente si possono fare accordi.
Ma questa trattativa, al di là dello sforzo di Fassino, è stata una finta reciproca?
Da parte nostra non si è trattato affatto di una finta. Diciamo le stesse cose da tempo. Un pezzo del gruppo dirigente ha pressato Renzi e lui gli ha dato, come si suol dire, il contentino. Anziché aprire un vero tavolo di trattativa, ha detto: qui c’è un foglio bianco da riempire. Come dire: le cose che contano ora non si fanno, poi, dopo le elezioni, si vedrà. A me dispiace, perché si possono fare ancora delle cose e bene. Se non c’è questa reciprocità, se si perde questa occasione vuol dire che non si ha interesse a costruire la coalizione. Chi ha chiesto a Renzi di fare la scelta della coalizione ha sbagliato a non pretendere modifiche concrete nella legge di Stabilità. Messa così era una trattativa senza alcuna possibilità di riuscita.
Insomma, niente odio e posizioni preconcette anche sul piano personale tra voi e Renzi?
Niente di tutto questo. Noi non vogliamo un foglio bianco, che si può scrivere sull’acqua o sulla sabbia, ma vogliamo un foglio che possa essere intestato ai ministeri di spesa per consentire agli italiani di andare in pensione un po’ prima, di non pagare il superticket, di non essere umiliati con i licenziamenti collettivi.
Vero che rischiate di avere solo 18 deputati?
Sono pronto a scommettere con Ettore Rosato ( capogruppo Pd ndr), il quale ha detto questa cosa, che il saldo dei deputati tra Pd e Mdp alla fine sarà molto più negativo per loro. Con la media del 24 per cento, moltiplicando per 3,3 come fa Rosato, il Pd fa 76 deputati. Aggiunti quelli del maggioritario che, secondo loro, potrebbero essere 40, siamo a 116 deputati a fronte dei 280 attuali. Fossi in Rosato mi preoccuperei dei 170 in meno. Io penso che Mdp avrà tra i 35 e i 40 deputati.
Dareste mai un appoggio esterno a un governo dei Cinque Stelle?
Con molta onestà, personalmente penso che non ci sia nessuna condizione perché ciò possa accadere, troppe sono le differenze.
A un governo di necessità, se non ci sarà un vero vincitore, partecipereste?
Tutti parlavano fino a qualche tempo fa della nostra irrilevanza, adesso invece tutti ci chiedono con chi potremmo governare. Noi puntiamo ad avere in parlamento una forza tale per poter essere determinanti, a tutela dei più deboli.
Il 3 dicembre a Roma parte la “cosa rossa”, o meglio la lista unitaria vostra con Sinistra italiana e Possibile. Pietro Grasso ne sarà il leader?
Nessuna cosa rossa, non vogliamo essere soggetto del passato, ma guardiamo al futuro per dare risposte a chi ha sofferto di più la crisi e rilanciare politiche espansive. Quello che farà il presidente Grasso lo sa lui che è persona seria e molto imperturbabile.
Walter Veltroni vede il rischio di una Margherita da un lato e un “Ds bonsai” dall’altro.
Stimo Veltroni, ma le energie che sta spendendo ora per una unità di facciata le avrebbe dovute usare in passato per evitare la rottura fomentata dal gruppo dirigente del Pd. In quella fase sono stati assordanti i silenzi di tanti. Forse sarebbe stato più opportuno fare i padri nobili prima.
Renzi, intanto, rilancia con Giuliano Pisapia?
Noi abbiamo sempre detto che la coalizione di centrosinistra non si fa con pezzi di centrodestra. Pisapia ora vuole anche Alfano nella coalizione a differenza di quanto disse per la Sicilia?