Se la questione non fosse seria e per certi aspetti drammatica, per quello che è successo oggi in Parlamento a John Elkann si potrebbe prendere in prestito dal gergo giovanile un termine sempre più in voga come dissing. Un anglicismo che ormai è diventato moneta corrente nel linguaggio parlato e giornalistico grazie a degli scontri ad altissima tensione tra vip che occupano sempre maggiore spazio nella cronaca.

Elemento fondamentale che differenzia il dissing dalla canonica rissa verbale, è che l'obiettivo delle critiche non possa reagire immediatamente in quanto non presente, e che molti altre voci si aggiungano a quella iniziale, a completare il più classico dei “tutti contro uno”. Ma in ballo, in questo caso, non c'è l'orgoglio e la rispettabilità di questo o quel vip, bensì il futuro di un intero comparto economico e di migliaia di posti di lavoro.

Le commissioni Attività produttive e Industria di Camera e Senato, si sono riunite per ascoltare i sindacati in merito alla situazione critica del gruppo automobilistico franco-italiano e del settore automotive in generale, che sta scontando una flessione così netta da aver già provocato, ad esempio in Germania, la chiusura di alcuni stabilimenti che si pensavano immuni da tali esiti.

Dopo aver ascoltato giorni fa l'ad Tavares, criticato da più parti per una certa reticenza e ambiguità sul nodo dei licenziamenti, i due presidenti di commissione Claudio Fazzone e Alberto Gusmeroli avevano chiesto anche ad Elkann di riferire sulla situazione, con un focus maggiore sull'Italia, vedendosi però opporre un rifiuto abbastanza liquidatorio, giustificato con la mancanza di “novità” da quanto già detto dall'Ad e con una prossimo incontro col governo a Palazzo Chigi. Una risposta che non è piaciuta e che ha innescato un fuoco di fila di dichiarazioni al vetriolo contro il presidente di Stellantis, che per la prima volta dall'inizio della legislatura hanno visto concordi tutte le forze politiche, da Avs a Fratelli d’Italia. 

Il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha affermato che «è gravissimo che John Elkann non voglia venire a riferire in Parlamento, anche perché, fino a prova contraria, la vicenda Stellantis riguarda la tradizione dell'automotive italiano». «È sconcertante», ha aggiunto, «che l'erede di chi è stato molto bravo a socializzare le perdite e privatizzare gli utili della Fiat snobbi il Parlamento». Ancor più duri i toni utilizzati dalla Lega, che in una nota ufficiale ha parlato di «vergognosa offesa alle istituzioni: prima Stellantis prende i soldi e scappa all'Estero, ora John Elkann diserta il Parlamento. La sua presenza è un obbligo, non solo morale, per rendere conto al Paese di una gestione scellerata nonostante gli enormi contributi pubblici». Al centro, anche Carlo Calenda non lesina severe critiche (e nel suo caso non è la prima volta) ad Elkann, chiedendogli di «rispondere delle cose che ha detto davanti al popolo italiano».

A sinistra, la segretaria del Pd Elly Schlein ha sottolineato che l'atteggiamento di Elkann, che «si è sottratto al confronto», è «da stigmatizzare», mentre Nicola Fratoianni, di Avs, concordando con quanti hanno usato i toni più duri, ha addirittura fatto i complimenti al presidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana, per aver difeso le prerogative del Parlamento biasimando Elkann per il suo rifiuto: «Rivolgersi così al Parlamento», ha detto Fratoianni, «è francamente inaccettabile. Ho avuto modo ieri di apprezzare le parole del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che non solo hanno rinnovato questo invito a presentarsi in questo palazzo ma stigmatizzato un comportamento che rischia di configurarsi molto grave». Una richiesta che ha ufficialmente rinnovato Gusmeroli, che mai come in questo caso ha potuto parlare come un sol uomo di fronte ai vertici di Stellantis.