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Matteo Renzi è sempre più determinato ad andare subito alle elezioni. Vuole capitalizzare i tredici milioni di voti del Sì, sapendo che il fronte del No è invece diviso. In quest’ottica, che non piace al presidente della Repubblica Mattarella, oggi alla direzione del Pd proporrà un governo istituzionale la cui guida potrebbe essere affidata a Pietro Grasso. Il governo dovrebbe servire per fare la legge elettorale dopo il parere della Consulta, atteso per il 24 gennaio, e poi andare al voto. E questa volta Renzi potrebbe voler non candidare nessuno della minoranza, provocando di fatto la scissione. In mattinata il voto di fiducia sulla manovra al Senato.
Il Matteo Renzi dimesso e dimissionario della conferenza stampa di mezzanotte, subito dopo la débâcle, sembra ormai un’immagine sbiadita. E’ come quando uno ha un incidente con la macchina: è sempre meglio rimettersi subito in pista se no si rischia di stare per sempre a piedi. Così è anche per Renzi. Invece di ritirarsi per prendere fiato e sperare nella consunzione degli avversari, ha deciso di riprovarci subito andando prima possibile alle elezioni. In questo ottica oggi, nella direzione del Pd, proporrà un governo istituzionale, probabilmente guidato dall’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, che porti prima possibile al voto. La nuova legge elettorale dovrebbe nascere subito dopo il parere della Consulta sull’Italicum annunciato per il 24 gennaio. L’idea di Renzi è supportata dai numeri. Nonostante la clamorosa sconfitta - per alcuni versi comunque prevedibile - il premier ha dalla sua tredici milioni di voti contro i diciannove milioni del No, che vanno però divisi tra le diverse forze politiche. Un altro dato che lo spinge a giocare il tutto per tutto è il consenso all’interno del partito: l’ 80 per cento del Pd ha votato compatto a favore del segretario e ha mal digerito la guerra interna. Il post su facebook scritto da Pierluigi Bersani dopo la vittoria del No, in cui si vantava di non aver consegnato quell’area totalmente alla destra, è stato preso d’assalto. La famosa base non si è risparmiata in critiche e insulti, in molti hanno chiesto la testa della minoranza.
La vicenda referendaria ha infatti questo doppio risvolto: quello esterno - elezioni subito o governo tecnico prolungato fino alla fine della legislatura come vorrebbe il Quirinale - e quello interno: quanto reggerà ancora l’unità dentro il partito? Nessuna delle due questioni è pacifica. Sul voto subito Bersani ha già detto di no. Oggi in direzione Renzi riuscirà molto probabilmente a far passare questa sua decisione, sapendo di aver contro, non solo la minoranza, ma anche i franceschiniani che rispondono a Mattarella. Ma anche la seconda que- stione, l’unità del partito, rischia questa volta di naufragare. Renzi, che ha chiaramente il dente avvelenato, potrebbe aver voglia questa volta di dire basta tentando una doppia mossa: andare prima possibile alle elezioni senza candidare nessuno della minoranza. Se il segretario dovesse perseguire questa idea, potrebbe essere la rottura definitiva tra le due anime del Pd. Difficile stare insieme dopo una battaglia referendaria così dura e divisiva, in cui Renzi si è battuto da solo contro tutti. Il cosiddetto “ giglio magico” preme per questa soluzione così estrema. Ma del resto il premier sa che ha dalla sua la maggioranza del partito, quella base di ex Pci che non lo ha tradito. Il Sì ha infatti vinto in due regioni sto- ricamente rosse come Toscana e Emilia Romagna. E’ per questo che, temendo di sparire definitivamente dalla scena politica o di dover attendere troppo, vuole andare alle elezioni. Questa volta non ci sarà un fronte del No, ma un centrodestra che al momento è ancora in cerca d’autore con una Lega sempre più forte. Il vero avversario è il movimento Cinque stelle. Il non partito di Grillo ha il vento in poppa, difficile riuscire a fermarlo. Ma ancora prima di tutto Renzi deve vincere l’ostilità di Mattarella che non vuole le elezioni. Una bella sfida contro quel presidente della Repubblica che ha voluto, con una mossa scaltra, al Quirinale. Ma quei tempi sono davvero lontani.