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Perché li esclude, professore?
Perché le deleghe sono sempre vaghe, si offrono a prospettive di attuazione ambivalenti. Mi riferisco soprattutto alle intercettazioni.
E in particolare a cosa?
Al vincolo che il pm avrà nel vigilare affinché non siano trascritte le conversazioni utili solo a danneggiare la privacy di estranei alle indagini.
Nella delega c’è scritto: “Il pm assicura che…”.
Ecco appunto: come lo troveremo enunciato nei decreti? Deve? Può?...
Ma se non vigila commette un illecito? Casson è convinto di sì.
E invece io non credo proprio che rischi di dover rispondere di un illecito.
Anche sul carcere meglio non dire nulla?
Be’, senz’altro ci sono degli elementi di vera apertura. Che però a loro volta costituiscono l’altro estremo della solita contrapposizione italiana. Da una parte l’accertamento del reato, che diventa sempre più rigoroso, costretto in perimetri limitativi per la difesa. Dall’altra l’esecuzione penale, che risente della nostra cultura cattolica, indulgenziale perdonista. Quasi mai si sconta per intero la pena. Così compensiamo, idealmente, la rigidità nella fase dell’accertamento.
In che modo con questo ddl il processo si irrigidisce?
Ci sono due aspetti decisivi: processo a distanza e regime delle impugnazioni. Nel primo caso noi passiamo dalla previsione del modello accusatorio, per cui la prova si forma in dibattimento nel contraddittorio tra le parti, al fatto che l’aula del dibattimento si svuota. Il teste o l’imputato, se detenuto, è lontano, dietro una telecamera, ritrasmesso da un monitor. L’accusatorio non c’è più. Non so se è più una virata postmoderna, vista la virtualizzazione, o un ritorno all’inquisizione, che si svolgeva in aule inaccessibili.
Il giudice può, con decreto motivato, concedere al detenuto di essere fisicamente in udienza: ma chi si prende la briga di spendere soldi per le trasferte che la legge vuol far risparmiare?
Gli avvocati confidano che mancheranno le risorse per attrezzare le carceri con gli impianti audio video. Io credo che le dotazioni prima o poi arriveranno. Purtroppo.
E le impugnazioni?
Con queste nuove norme la prima vera vittima rischia di essere l’appello.
In che senso?
Finora il difensore sapeva di poter assicurare all’assistito almeno due gradi di merito. Poi se il ricorso in Cassazione veniva dichiarato inammissibile, pazienza. Adesso rischiamo di restare con un processo che si esaurisce in primo grado. Davanti alla Cassazione si potrà andare solo per violazione di legge. E soprattutto, l’ammissibilità dell’appello viene vincolata alla specificità dei motivi richiamati nell’impugnazione. Non si sa peraltro quanto si dovrà essere specifici, quanto si dovrà criticare il giudice, con che grado di specificità si potranno invocare le attenuanti. Fatto sta che se il giudice ritiene il ricorso non sufficientemente mirato, il secondo grado di giudizio non si celebra. È un’enorme limitazione del diritto di difesa, dovuta al combinato tra le norme del ddl e una recente sentenza delle Sezioni unite.
Non ne ha parlato nessuno.
Roba troppo tecnica. La prescrizione la capiscono tutti, questa è materia per soli addetti ai lavori. Ed è ridefinita in vista di una maggiore efficienza, che però vuol dire restrizione. Che poi l’intero impianto tenda all’inquisitorio è anche nell’inasprimento delle pene per i reati predatori. E naturalmente nell’allungamento della prescrizione.
Il Corriere della Sera ha suggerito: si poteva bloccare la prescrizione dopo la prima condanna, ma con sconti di pena se i gradi successivi superavano certi limiti temporali e risarcimenti per chi ne esce assolto. Sì, era la soluzione tedesca: troppo tardi. Naturalmente ci avrebbe dovuto pensare il ministro della Giustizia. Che invece è rimasto fermo sul testo arrivato dalla Camera al Senato e non ha valutato alternative che il cambio di linea dell’Anm pure avrebbe consentito.
Intervenire adesso avrebbe voluto dire non arrivare più al sì definitivo, è la replica.
Dovevano pensarci prima, hanno avuto due anni, a Palazzo Madama. È finita che i massimalisti considerano troppo morbide le soluzioni trovate mentre altri, i penalisti ma anche il ministro Costa, le trovano troppo rigide.
I cinquestelle contestano l’esclusione dei reati associativi contro la pubblica amministrazione dal novero di quelli per cui i trojan possono sempre essere usati.
Già adesso l’articolo 266 del Codice di procedura penale prevede che le captazioni in ambito giudiziario possano essere effettuate nel domicilio ‘ solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa’. Il limite sui trojan rispetta semplicemente questa norma. Ma lì il vero problema è che la delega ignora del tutto la reale potenzialità dei trojan, che non sono semplici captatori di voce: registrano la posizione dell’indagato, scattano foto, intercettano messaggi. Di cosa si tratta, di perquisizioni virtuali? E allora si dovrebbe avvisare il difensore: ma il caso, nella delega non è per nulla tipizzato.
I trojan restano in parte un far west?
Sì, è così, i decreti non potranno eccedere la delega.
Anche i mafiosi beneficeranno della revisione dell’ergastolo ostativo?
È un’altra cosa detta da chi non ha letto la legge: mafiosi e terroristi sono esplicitamente esclusi dalla revisione
Almeno ci sarà l’affettività in carcere.
Alla spagnola o all’iraniana? Nel primo caso c’è accesso libero per le prostitute, nel secondo le famiglie possono incontrarsi in carcere. Non credo che vireremo verso la Spagna.
Ma come si sono inventati la leggenda della riforma pro corrotti?
La verità è che è quasi tutto spostato sul versante delle restrizioni. Carcere a parte. Non sarà una riforma di sistema, ma è tutt’altro che un intervento marginale.