Per circa un anno e mezzo, dalle elezioni del 2022 alle europee dello scorso 9 giugno, maggioranza e opposizione hanno messo in scena lo stesso copione. Entrambi gli schieramenti contavano divisioni interne di notevole spessore, prima fra tutte quella a proposito del tema più incisivo che ci sia nell'agenda internazionale, la guerra in Ucraina. Simmetrica la divisione, opposto l'impatto sui due schieramenti. La maggioranza di destra appariva capacissima di soprassedere sulla lacerazione restando sostanzialmente salda. Nell'opposizione si registrava invece un climacorrosivo da guerriglia permanente. Gli uni sembravano del tutto capaci di gestire senza troppo sforzo questa e molte altre divaricazioni anche profonde: era la loro forza e lo era stata già nelle elezioni del 2022. Gli altri parevano al contrario del tutto privi dell'elasticità necessaria per dar vita a un polo competitivo; era la loro condanna, quella che già li aveva portati al massacro politico nel 2022.

Il quadro appare oggi rovesciato. Le divisioni nella destra sono tanto fragorose, si notano con tanta evidenza che ieri la premier è dovuta correre al riparo rimettendo a posto il suo loquace vice leghista: «Salvini? La posizione dell'Italia è chiarissima in tutto il mondo». Solo che la Lega non si è affatto prestata alla tirata d'orecchie e poche ore dopo, come se nulla fosse, è tornata alla carica con il vicesegretario pasdaran Crippa, al quale spetta di solito il compito di dire quel che Salvini non può dire: ' Quali sarebbero le armi difensive inviate all'Ucraina? I missili sono armi difensive? Io sono contrario all'invio di qualsiasi arma'. La guerriglia leghista proseguirà e anzi si intensificherà.

Di contro, il Campo Largo virtuale sembra aver messo la sordina a ogni divisione ed essere riuscito a stemperare ogni tensione. Il nucleo forte di quel Campo è composto da tre partiti: due, Avs e M5S, sono tanto ostili quanto Crippa e Salvini all'invio delle armi, il terzo e maggiore, il Pd, resta favorevole ma sfumature sensibilmente diverse al proprio interno. Eppure il problema sembra essere diventato all'improvviso secondario, proprio come appariva secondario, sino a pochi mesi fa, nel campo avverso.

La guerra è solo un tema tra tanti e forse per l'opposizione il più spinoso di tutti è la giustizia perché non solo il voto dei centristi è stato favorevole alla legge sull'abolizione del segreto d'ufficio, all'opposto del resto dell'opposizione, ma la stessa contrapposizione si ripeterà su un tema molto più nevralgico, la separazione delle carriere. E tuttavia segnali di disgelo arrivano anche da quel fronte, se la segretaria arriva a lodare Renzi riconoscendogli un “afflato unitario” di cui invece ancora difetterebbe il “purtroppo meno politico” Calenda.

A cambiare drasticamente le cose, anche più dei pur importanti verdetti elettorali, sono stati due elementi potenzialmente deflagranti a livello internazionale: l’ipoteca di Trump sulle prossime elezioni americane e il successo a sorpresa del Front Populaire in Francia. La destra europea raccolta oggi nei Patrioti di Orbàn, Le Pen e Salvini non è filo- Putin, o lo è solo di risulta. In compenso è realmente e profondamente trumpista. I leader di quella destra sanno perfettamente che una vittoria di Trump scombussolerebbe tutti gli equilibri europei e creerebbe la situazione per loro più favorevole a ogni livello. Si preparano all'attacco e per questo hanno dato vita al gruppone patriottico. Un disegno del genere rende inevitabile il conflitto permanente, pur se mai definitivo e tale da provocare la crisi, anche nella maggioranza italiana. Per quanto paradossale possa apparire, la premier sovranista italiana è legata a filo doppio al presidente democratico sponsorizzato ancora, nonostante le défaillances, dall'ala più radicale dell'Asinello.

La caduta di Biden si ripercuoterebbe sull'intera Europa ma in particolare sulla destra italiana Sulla sinistra, l'impatto del voto francese è altrettanto profondo: non solo ha dimostrato che la destra si può fermare, e meno di una settimana fa non ci credeva nessuno, ma anche che per fermarla non è necessario accodarsi in nome del ' male minore' ai centristi o alle aree più moderate della sinistra. La spinta sia unitaria che favorevole alla leadership di coalizione della segretaria del Pd è imperiosa.

Non si deve però dimenticare che nessuno di questi due terremoti si è ancora davvero dispiegato. Trump potrebbe essere sconfitto. La sinistra francese è a forte rischio di una divisione che riconsegnerebbe lo scettro a Macron. Per la destra sovranista europea, e dunque anche per la Lega in Italia, una vittoria dei democratici, con o senza Biden, sarebbe a questo punto devastante. L'eco di una spaccatura del Front in Francia, peraltro, non tarderebbe a colpire l'opposizione italiana.