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Dal nostro inviato alla Leopolda Bisogna prepararsi perché «nel 2022 si andrà a votare». Ma per vincere bisogna stare «al centro». È questo in estrema sintesi il messaggio con cui Matteo Renzi chiude la Leopolda. «Ho l'impressione che i principali leader delle forze politiche - i leader di M5S, Pd, Lega e Fdi - abbiano l'interesse di andare a votare. Interesse politico e personale, perché qualcuno vuole portare in Parlamento il suo gruppo di riferimento», dice il leader di Italia viva, esortando il suo popolo a tenersi pronto a ogni scenario. «La Leopolda serve proprio a indicare la direzione. La politica è questa: è il coraggio, il desiderio e l'ambizione di immaginare il futuro e costruirlo». Perché l'unico che non cade mai è colui «che striscia, il mediocre», scandisce Renzi guadagnandosi l'ovazione dei militanti. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi non vengono quasi mai nominati. Gli strali di tre giorni di Leopolda sono dedicati esclusivamente al Pd e al Movimento 5 Stelle. Sono loro i nemici da colpire e da cui difendersi. Con ogni mezzo: battute al vetriolo o attacchi frontali. «Mai con Conte» è uno dei refrain più gettonati durante gli interventi. Lo dice più volte l'ex premier, lo ripete Maria Elena Boschi (più applaudita del leader), lo ribadisce Ettore Rosato, lo scandisce Teresa Bellanova. Ma nel mirino dei renziani finiscono anche, in modo ricorrente, Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani e Nicola Zingaretti (che avrebbe voluto tornare al voto nel 2019, accordandosi con Salvini, per «rinnovare» il “parco parlamentari”, dice Rosato). Perché ad aver “tradito” non è Italia viva, «che non ha mai cambiato posizione», ma il Pd che ha «abbandonato gli ideali del riformismo, inseguendo il populismo», spiega Renzi. «Noi siamo quelli che quando muore qualcuno nel Mediterraneo mandiamo le navi a salvare persone e anche a recuperare i corpi, non siamo quelli dei taxi del mare», insiste il senatore di Rignano sull'Arno, rivendicando ancora una volta l'operazione contro il Papeete per impedire la vittoria dei sovranisti e l'operazione anti Conte che ha portato poi Draghi a Palazzo Chigi. Una mossa, quest'ultima, portata a termine grazie a «una banda di fratelli», dice, citando l'Enrico V di Shakespeare. Per spiegare l'essenza di Iv, la sua “duttilità”, Renzi si affida ad Aldo Moro e al suo discorso ai gruppi parlamentari prima dell'apertura al Pci: «La nostra flessibilità ha salvato fino a qui più che il nostro potere la democrazia italiana», dice il leader di Iv citando Moro. «La nostra flessibilità nel 2019 prima e nel 2021 poi ha salvato la stabilità economica. A chi del Pd dice che noi siamo in contraddizione con noi stessi ricordiamo che dieci mesi fa dicevano “O Conte o morte”», aggiunge. E per essere flessibili bisogna stare al centro. Non quello «nostalgico» del passato, ma il «luogo della politica, il luogo in cui si vincono le elezioni in Italia e nel mondo», dice ancora Renzi. A dover scegliere da che parte stare, semmai, sarà il Pd: con i populisti o col campo riformista. Ma prima ancora del ritorno alle urne bisognerà concentrarsi sull'elezione del prossimo presidente della Repubblica. Una partita in cui Renzi vuole, e sa, di poter ancora dire la sua. «Sono felice e fiero di aver concorso all'elezione di un galantuomo come Sergio Mattarella», dice, preparandosi già alla battaglia tattica di febbraio. «Ci accusano di essere spregiudicati e tattici. Io credo che in politica ci sia bisogno anche di tatticismo, come quando si elegge il presidente della Repubblica». Renzi insomma resta in campo e sembra intenda giocare un ruolo da panchinaro.