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Berlusconi e Meloni al Quirinale
«Se crolla Fi che problema c'è? I suoi elettori passano a noi!». Così la metteva sbrigativo, durante il primo ricovero di Berlusconi, un dirigente di FdI. La faccenda è un po' più complicata, perché almeno fino alle prossime elezioni europee Giorgia Meloni ha bisogno che Fi regga, sponda importante nel Ppe per realizzare l'obiettivo che, elettori permettendo, hanno in mente lei e Weber, la creazione di una nuova maggioranza Popolari-Conservatori a Strasburgo.
Ma, fatto salvo il particolare, la previsione era probabilmente azzeccata: gli elettori che hanno gonfiato le vele tricolori da Forza Italia vengono ed è probabile che buona parte di quelli rimasti azzurri, se si ritroveranno homeless, seguiranno la stessa strada.
Il trono del Cavaliere in Forza Italia è vacante e probabilmente lo resterà per sempre, essendo Berlusconi insostituibile nel partito di cui era padrone e che aveva costruito a sua immagine e somiglianza. Quello nella coalizione, invece, è già stato occupato da Giorgia Meloni, anche se come molti regnanti anche lei deve guardarsi dai veleni e dai pugnali. Ma al momento nessuno è in grado di minacciarla e dalla vittoria elettorale in poi ha solo rinsaldato la posizione.
La domanda dunque non è chi prenderà il posto di Berlusconi alla guida della destra, anche perché quel timone al Cavaliere era sfuggito almeno dal 2013 ma quale sarà la destra di una Giorgia Meloni non più controbilanciata dal peso politico di Berlusconi, peso che andava molto oltre l'ormai scarsa percentuale raccolta alle elezioni.
Nell'ultima fase della sua storia politica, Berlusconi, modificando di molto i connotati della sua Fi rispetto agli anni del trionfo, si era ritagliato un ruolo come componente moderata ed europeista della destra: il padre fondatore che faceva da garante per gli alleati in odore di estremismo populista, sovranismo, pulsioni anti europee. La premier, che detesta sentirsi sotto tutela e non vuole garanti di sorta, ha già provveduto a virare robustamente verso il centro. Comizi fiammeggianti a parte, quello spazio politico lo occuperà lei o almeno ci proverà e lo avrebbe fatto anche se Berlusconi fosse sopravvissuto. Però con un partito che viene da tutt'altra tradizione e dovendo calibrare anche le parole, non più solo le scelte concrete, la missione potrebbe rivelarsi meno facile del previsto.
Il discorso è più complesso se si ragiona sulla natura della destra che Berlusconi aveva creato e sulla quale continuava a esercitare una massiccia influenza anche dopo aver perso la leadership. Quella fondata dal Cavaliere è stata una destra fondamentalmente antistatalista. Quel che Berlusconi, declinandolo in vari modi assicurava ai suoi elettori era sempre la stessa cosa: limitare le ingerenze dello Stato a tutti i livelli, ridurre e ostacolare i controlli, soprassedere sul rispetto delle regole, civettare con l'evasione fiscale. La connessione emotiva con il suo elettorato era basata sulla complicità nella diffidenza contro una presenza dello Stato che Berlusconi in fondo detestava quanto la sua base elettorale.
Nonostante negli anni e nei decenni su Berlusconi siano piovute accuse di autoritarismo, per indole e per visione politica, il Cavaliere non era affatto un sostenitore dello Stato autoritario o anche solo forte. Definirlo liberista sarebbe probabilmente attribuire troppo spessore alla sua visione ma certamente era convinto che lo Stato dovesse intromettersi il meno possibile e questo, molto più del controllo sulle tv e delle stesse doti di grande comunicatore, era il segreto del suo lunghissimo successo, in un Paese dove moltissimi vedono lo Stato, con alcune buone ragioni, come un nemico da aggirare.
La cultura almirantiana da cui proviene Giorgia Meloni è opposta. Quella di Almirante ieri e della sua migliore allieva oggi è una visione nella quale uno Stato forte e centralizzato è essenziale e il pedaggio da pagare alle corporazioni molto elevato. Una costruzione poco permissiva, all'opposto del berlusconismo, e liberale solo a parole. Cosa sarà la destra edificata da Berlusconi ma senza più Berlusconi è dunque la vera incognita, se non dei prossimi mesi, certo dei prossimi anni. L'altra incognita è se sarà in grado di intercettare la pancia e gli interessi materiali dell'immenso ceto medio, in tutte le sue stratificazioni, come era riuscito a fare il fondatore di Forza Italia e del centrodestra.