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L’esordio di Giuseppe Conte alla guida del Movimento 5 Stelle esalta più i possibili alleati che gli iscritti. Da Bettini a Provenzano, passando per Laforgia e De Petris, la sinistra italiana sembra rinfrancata dal primo discorso pubblico dell’ex premier. «Io penso che Conte abbia una capacità di parlare a un elettorato trasversale, anche per una sua semplicità di linguaggio», dice l’ex “ideologo” di Nicola Zingaretti. «Conte con la genuinità ha conquistato una certa popolarità e può aggiungere al campo democratico nuova forza. Tra M5s e Pd ci può essere benissimo una sinergia di ruoli se siamo bravi», aggiunge.
E i grillini? Brancolano nel buio freddini. Perché il nuovo leader non ha sciolto nemmeno uno dei nodi che attanagliavano i parlamentari: dal limite dei due mandati al rapporto con Casaleggio, passando per il rapporto col Pd. Conte è stato abbastanza vago per lasciare a tutti qualche speranza e chi può si attacca alle virgole per vedere il bicchiere mezzo pieno. «In fin dei conti ha detto che nel nuovo partito ci sarà spazio per le competenze», confida una deputata, «secondo me è un apertura al secondo mandato. Magari non per tutti, ma forse saranno ammesse delle eccezioni», aggiunge speranzosa. Anche i big, oltre i post di facciata, non sembrano pienamente consapevoli del nuovo percorso richiesto dall’ex premier.
«Non ho capito se è Conte che deve ancora iscriversi al Movimento o se siamo noi a doverci tesserare al “suo” nuovo partito», ironizza un altro parlamentare al secondo mandato, smanioso di sapere se potrà ricandidarsi, anche per capire se continuare a «versare denaro nelle casse del partito». Perché qualcuno comincia anche a farsi due conti in tasca. «Da qui a fine legislatura, se rimanessi nel M5S, dovrei privarmi di quasi 80 mila euro. Ma se non posso ricandidarmi questi soldi me li risparmio», confida. Il rischio fuggi fuggi generale è più che concreto. E anche per questo, probabilmente, finché possibile Conte proverà a navigare nell’ambiguità.
«Se la “rifondazione” viene annunciata con questo entusiasmo», confida un altro, «chissà come sarà l’ordinaria amministrazione», argomenta, puntando il dito sullo scarso «carisma» mostrato dal capo politico.
Conte, dal canto suo, lascia che i parlamentari borbottino, mettendo però subito in chiaro le cose con chi già pensava di organizzare correnti. Come Dalila Nesci, animatrice di “Italia più 2050”, un'associazione formalmente nata per sostenere il cammino dell’ex premier. Formalmente il nuovo leader non nomina mai la sottosegretaria al Sud, ma è evidente a chi sia rivolto il passaggio del suo discorso in cui vengono “messe al bando” associazioni parallele al M5S. Per il dibattito interno basta il partito, chiarisce l’avvocato del popolo. Conte sente puzza di correnti e annuncia «regole ben rigorose» per contrastare quelle cordate che «finiscono per cristallizzare sfere di influenze e posizioni di potere». I diretti interessati fingono di non aver capito. Come Giovanni Currò, tra i fondatori dell’altro pensatoio pentastellato, “Innovare”, «felice che il processo di apertura costante alla società civile entrerà a far parte del modo di operare quotidiano del Movimento».
Ma se tra i Gruppi regna lo scetticismo, qualche fuoriuscito potrebbe cambiare idea. Come Giorgio Trizzino, l’ultimo dei deputati ad aver abbandonato la nave. «Mi auguro che con Giuseppe Conte il Movimento si dia finalmente una linea coerente e condivisa», dice Trizzino. «È stata grande la delusione di questo lungo periodo vissuto nel Movimento e mi sono convinto ancora una volta che senza competenza non si va da nessuna parte. Conte faccia tesoro degli errori fatti dai leader del Movimento e ricostruisca da basi di trasparenza e chiarezza utilizzando, questa volta davvero, le competenze e le capacità», argomenta il deputato, prima di annunciare: «Se c’è una vera rifondazione tutti noi fuoriusciti potremmo anche rivedere una decisione che ci è costata molto cara». Sempre che a Conte interessi davvero.