In apparenza - ma solo in apparenza, come vedremo Matteo Renzi non lascia mai senza risposta Giuseppe Conte, che ne contrasta la partecipazione al campo largo, larghissimo, minato, asciutto, bagnato dell’alternativa alla maggioranza e al governo di Giorgia Meloni. E sempre più contrasterà e porrà veti ora che il presidente del MoVimento 5 Stelle è in aperto conflitto col fondatore, garante, elevato, “sopraelevato” Beppe Grillo, come lui ha cominciato a chiamarlo sfottendolo e sfidandolo in una partita che potrebbe sfociare in una scissione, per giunta con le carte bollate.

Conte deve allontanare da sé l’accusa ormai esplicita lanciatagli dal comico genovese di «abbracci mortali». Che sarebbero già quelli col Pd di Elly Schlein, figuriamoci se allargati a Renzi, appunto. Nelle sue reazioni apparentemente puntuali - ripeto - il senatore di Rignano sull’Arno ha persino sfidato Conte a scegliere una sede di scontro diretto: in televisione, dove già ci sono conduttori prenotatisi ad organizzarne uno, o «in tribunale». Cui Renzi ha fatto capire di potere rivolgersi per essere stato accusato dal suo antagonista di mischiare troppo politica e affari, anzi di privilegiare i secondi alla prima, che verrebbe usata per alimentarli.

Ma tutta questa polemica è più apparente che reale. Renzi la svolge abitualmente in contesti più generali, nei quali prevalgono gli attacchi al governo Meloni, che pure in alcuni passaggi parlamentari non certo secondari del suo percorso ha potuto godere dell’appoggio dei renziani. E proprio per questo forse esso è oggi più esposto anche alle feroci ironie di un Renzi interessato a farsi vedere, sentire e apprezzare come un oppositore senza uguali. Non ho mai visto e letto, almeno sino al momento in cui scrivo, un intervento dell’ex segretario del Pd, ed ex presidente del Consiglio, diretto solo, interamente, esasperatamente contro Conte, per quanto questi cerchi in tutti i modi di provocarlo, avendo l’interesse politico a farlo anche per fronteggiare meglio, ripeto, l’ormai opposizione interna al movimento che conduce Grillo mescolando italiano e latino, oltre che italiano e dialetto genovese.

«Repetita iuvant», ha scritto e titolato di recente il comico sul suo blog personale finanziato anche con la consulenza che gli pagano i 5 Stelle. Vedrete che prima o dopo Renzi smetterà anche di rispondere a Conte nel contesto di polemiche più ampie. O lascerà per questo scontro la parola al giro dei suoi fedelissimi. L’interesse di Renzi sarà sempre più quello di una risposta a Conte, in sua difesa, da parte di Elly Schlein. Che lo stesso Renzi, rimediando per questo una strigliata di Goffredo Bettini, ha raccomandato al Pd fra i banchi, le salsicce, palchi e palchetti delle feste dell’Unità a tenersi ben stretta come leader, e come tale anche candidata - quando sarà il momento - a Palazzo Chigi. Non fatele - ha detto Renzi, in particolare, a Pesaro - quello che avete fatto a me, penalizzandolo con una scissione e spingendolo alla sconfitta elettorale nel 2018 dopo quella referendaria del 2016 sulla riforma costituzionale. Non è stato solo Bettini a cogliere in questa difesa della Schlein da parte di Renzi, intrufolandosi come ospite negli affari e umori interni del Pd, da lui pur abbandonato a freddo nel 2019, una cosa a dir poco antipatica o sospetta. Anticipatrice, forse, di un’ulteriore sorpresa del “penultimo” Renzi, come io lo chiamo. Che potrebbe essere addirittura un suo ritorno al Nazareno.

Nulla si può francamente escludere scrivendo, parlando o pensando al senatore toscano. Dopo la reazione infastidita di Bettini sono arrivate le battute che non mancano mai a Pier Luigi Bersani, già segretario del Pd, uscitone in odio politico a Renzi e rientrato dopo qualche tempo, quando l’altro sembrava accasato nello spazio pur accidentato del cosiddetto terzopolismo, prima che ne scoprisse l’impraticabilità elettorale toccata con mano nei risultati delle elezioni europee. Bersani, aggravando in qualche modo una lamentela nascosta nell’auspicio che la pur apprezzabile e stimata segretaria apra o allarghi una discussione all’interno del partito, le ha posto una domanda, diciamo così, non so quanto più retorica o perfida. Che è quella sulla uscita davvero del renzismo dal partito del Nazareno. A intenditor poche parole, dice un vecchio proverbio.