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IMAGOECONOMICA
Più che una candidatura esplosiva quella del generale Roberto Vannacci, 55 anni, il graduato più discusso d'Italia, è un lancio a testa o croce. Salvini si gioca tutto, o la va o la sua leadership nel Carroccio si disIntegra. Il sospirato annuncio, in sospeso da mesi, è arrivato il 25 aprile, data non certo scelta a caso. Ma la saga del militare “indipendente nelle liste della Lega” non è finita. Bisogna ancora decidere dove piazzare quel nome che non divide solo il Paese ma anche il partito che lo presenterà.
Ufficialmente il dado non è ancora tratto e il leader starebbe considerando l’potesi di annegare la candidatura controversa in mezzo alle liste. Ovviamente non andrà così: sarebbe una decisione priva di senso. Ma Vannacci non figurerà neppure in testa alle liste nelle due circoscrizioni dove il Carroccio va comunque sul sicuro o quasi, quelle del nord. L'ira degli ufficiali leghisti per lo scippo di uno dei pochi seggi di cui disporrà nel Parlamento europeo la Lega, oggi forte a Strasburgo di ben 29 europarlamentari, renderebbe la presenza di Vannacci più dannosa che utile. Capolista sì ma al centro o al sud, dove almeno dovrebbe davvero calamitare voti in più senza provocare una mezza insurrezione.
Nelle altre circoscrizioni invece sarà solo un nome tra i tanti quello dell’autore del best-seller autoprodotto Il mondo al contrario, 93mila copie vendute che per la saggistica in Italia è uno sproposito, e poi di un'autobiografia recentissima, Il coraggio vince, che invece non ha faticato a trovare un editore, Piemme, cioè Mondadori. L'espediente non basterà a placare le ire dei leghisti lombardi e del nord in genere. Non dipende solo da quel seggio ambito e scippato, che pure contraria parecchio dirigenti e militanti. C'è di più. C'è il fatto che quella del generale non è solo una candidatura acchiappavoti: è anche un manifesto dell'identità leghista secondo Matteo Salvini ed è precisamente quell’identità che all’esercito ormai ridotti del “Capitano” va sempre più di traverso.
Vannacci, come militare, ha davvero una brillante storia alle spalle. È stato comandante di una Task Force in Afghanistan, della Folgore, del reparto speciale d’eccellenza Col Moschin, del contingente italiano in Iraq. Vanta tre lauree e la padronanza di numerose lingue. Insomma, uno con i numeri per proseguire la carriera militare di vetta in vetta senza impicciarsi di politica. Invece nel 2023 si ritrovava alla guida dell’istituto geografico militare, incarico non precisamente di sua soddisfazione né adeguato ai precedenti. Il sospetto che a interrompere la marcia di Vannacci sia stata la denuncia dell’esposizione dei militari italiani all'uranio impoverito, circostanza funesta e sempre fieramente smentita dalla Difesa, era proprio inevitabile e probabilmente è giusto.
Vannacci però in panchina non è rimasto. Ha sfornato a sue spese quel pamphlet le cui affermazioni sui gay, sulle donne, sulla famiglia tradizionale, sull'immigrazione e sul mondo in generale rappresentano un compiuto riassunto di una visione non conservatrice ma reazionaria, fortemente in odore di misoginia, omofobia, razzismo e scusate se è poco.
Il ministro della Difesa Crosetto la prese subito malissimo, “Farneticazioni”, e col tempo non ha ammorbidito il giudizio. La reazione alla notizia della candidatura lo attesta: «Sarà eletto in Europa: è una vittoria per le forze armate». La quali del resto hanno anche aperto un procedimento a suo carico, in seguito al quale il militare scrittore è stato sospeso dall'impiego e dallo stipendio per 11 mesi, mentre deve vedersela anche con la denuncia dell'atleta Paola Egonu, i cui tratti somatici, secondo il neocandidato «non rappresentano l'italianità».
Insomma, Vannacci sarà pure “indipendente” ma la scelta di privilegiare il suo nome di quello dei militanti anche d'antica data corrisponde perfettamente al progetto di Salvini: una Lega nazionale e non del nord, compiutamente di destra e non ambigua come quella di Bossi, d'opinione (reazionaria) e non di rappresentanza d'interessi specifici sociali e soprattutto territoriali. Finché quel progetto ha tirato anche i leghisti meno convinti si sono adeguati.
Ora che pare fallito scaldano i motori in vista di una sostituzione che non è solo del segretario ma del’'identità della Lega per come la ha impostata Salvini. Al suo posto i bookmaker vedono piazzato in pole position il governatore del Friuli Fedriga, tallonato però da quello della Lombardia Fontana. Sempre che il colpaccio di Salvini non riesca: perché se il campione della destra a destra di FdI farà il pieno di voti, l’intero quadro cambierà. A tutto vantaggio di Matteo Salvini.