Ormai è guerra aperta. Non l’ha mai nascosto, Matteo Renzi, di puntare ai voti dei moderati di Forza Italia, ma da quando il leader di Iv ha scelto di spostare il baricentro del suo orizzonte politico verso il campo di Elly Schlein e Giuseppe Conte, quei voti si son fatti decisivi per spostare l’asse del bipolarismo italiano verso il centrosinistra.

E così da Iv è partito un logoramento lento ma costante verso il partito che fu di Silvio Berlusconi, con cui Renzi firmò il celebre Patto del Nazareno, fino alle recenti battaglie sullo Ius Scholae e sulle posizioni in politica estera.

L’attacco più recente e diretto contro l’erede del Cavaliere è arrivato niente meno che da Maria Elena Boschi, “regina” del renzismo ai tempi del “governo dei mille giorni” e tuttora vicinissima all’ex presidente del Consiglio. «Forza Italia ha fatto una campagna estiva, creando aspettative di avere diritti in più in chi oggi vive in Italia e fa parte della nostra comunità, per poi fare l’ennesimo passo indietro. È vero e proprio cinismo politico - ha detto Boschi dal palco della festa dell’Unità di Milano, circondata da militanti e simpatizzanti dem - «Noi abbiamo presentato una proposta che riparte dalla formulazione del 2017, che fu votata alla Camera da una parte del centrodestra: ma siamo pronti a sederci al tavolo con chiunque, siamo disponibili a votare qualunque legge che riconosca un diritto in più e che non sia una presa in giro».

Per poi allargare l’attacco ad altri temi teoricamente cari a Fi, ma sui quali Iv non manca di mettere in evidenza le contraddizioni azzurre. «Purtroppo, dopo quello che è accaduto in queste ore, con la retromarcia di Fi sul carcere per le donne incinta o con bambini con meno di un anno dopo mesi di dichiarazioni di Tajani a favore di telecamera, sorgono dubbi che Forza Italia possa portare avanti una battaglia per i cittadini invece che nell’interesse del partito», ha aggiunto Boschi.

Cinismo politico, retromarcia, dichiarazioni a favore di telecamera. Termini che di certo non avranno fatto piacere a Tajani, il quale finora si è sempre limitato a rispondere sui temi e non attaccare personalmente Matteo Renzi. E mantenendo un certo aplomb anche ieri, quando è tornato a parlare di Ius scholae.

«Sulla cittadinanza faremo una proposta complessiva - ha detto - Un emendamento di quattro righe (firmato Azione, ndr) nel dl sicurezza che non c’entra niente è una provocazione ma noi non cadiamo nelle provocazioni perché diventa solo un gioco per creare problemi nella maggioranza».

D’altronde lo stesso Tajani deve giocare su due fronti: quello che lo lega alla maggioranza e quindi agli alleati di FdI e Lega, entrambi contrari a “facilitare” la cittadinanza italiana per gli stranieri; quello interno che lo vede battagliare ogni giorno proprio con Iv, Azione e tutta la galassia riformista per acchiappare i voti dei moderati.

«Noi siamo nel centrodestra - ha aggiunto il vicepresidente del Consiglio - presenteremo la nostra proposta agli alleati in parlamento. Sono temi seri che meritano un dibattito e non tre righe di un emendamento provocatorio. Respingiamo al mittente coloro che dicono che noi abbiamo fatto un passo indietro e cambiato idea. Siamo seri e responsabili e non giochiamo con gli emendamenti presentati in Aula».

Riferimento puramente voluto e diretto proprio a Boschi, ma con un bersaglio più grosso: lo stesso Renzi. Il quale qualche giorno fa dal tempio di Adriano a Roma ha “giustificato” le difficoltà di Tajani come date dalla sua volontà di «diventare presidente della Repubblica», un desiderio che lo farebbe desistere dallo spostarsi troppo da una parte o dall’altra sui temi più svariati, dallo Ius scholae all’Ucraina.

E proprio il sostegno a Kiev è altro terreno di scontro al centro, con Forza Italia che insiste nel ribadire che «non siamo in guerra con la Russia» e quindi nel dirsi contraria all’utilizzo di armi occidentali per colpire anche in territorio di Mosca.

Posizione condivisa all’interno del governo ma criticata fortemente da Azione, in primis, ma in maniera più sfumata anche da Iv, che invece ha insistito molto sul fato che l’Italia non sia stata chiamata a partecipare al summit del formato Quint assieme a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania che discuteva proprio dell’aiuto militare all’Ucraina.