«Dimissioni irrevocabili». Dopo giorni in trincea, confortato dal supporto di Giorgia Meloni, Gennaro Sangiuliano ha infine ceduto rassegnando le dimissioni da ministro della Cultura. Facendosi da parte, da un lato, per affrontare una possibile inchiesta giudiziaria da uomo libero, ma anche per togliere dall’imbarazzo la presidente del Consiglio, che dopo averlo invitato a resistere ha accolto con sempre più insofferenza ogni nuova puntata del Boccia-gate, tanto da non riuscire più a tollerare i continui colpi di scena della soap opera più seguita di questo scorcio di fine estate.

Così pochi minuti fa è arrivata la resa dei conti, con la convocazione a Palazzo Chigi e il passo indietro, sollecitato - più come suggerimento personale che come strategia difensiva - anche dal suo legale Silverio Sica, per «recuperare la sua libertà di azione in questo momento rispetto a una bagarre politica di questo tipo tornando a essere un libero cittadino». Le dimissioni, scrive Sangiuliano in una lettera, sono arrivate dopo «giornate dolorose e cariche di odio nei miei confronti da parte di un certo sistema politico mediatico». Ce l’ha con la sinistra e i giornali e sembra avallare la teoria del complotto. Si rivolge direttamente «al presidente», ringraziandola «per avermi difeso con decisione, per aver già respinto una prima richiesta di dimissioni e per l’affetto che ancora una volta mi hai testimoniato». Ma «per le Istituzioni e per me stesso», sottolinea, è il caso di mollare la presa.

Sangiuliano si riallaccia alla nota diffusa solo tre giorni fa dopo l’esecutivo di FdI - «stiamo facendo grandi cose» -, rivendicando i risultati del suo ministero e cercando i responsabili di quella che, per tutta la destra, è ormai una trappola, alla quale Maria Rosaria Boccia, la mancata consigliera a cui si era legato sentimentalmente, si sarebbe prestata: «Sono consapevole - scrive - di aver toccato un nervo sensibile e di essermi attirato molte inimicizie avendo scelto di rivedere il sistema dei contributi al cinema ricercando più efficienza e meno sprechi».

È una prima traccia, anche se debole. «Questo lavoro non può essere macchiato e soprattutto fermato da questioni di gossip - continua l’ex ministro -. Le Istituzioni sono un valore troppo alto e non devono sottostare alle ragioni dei singoli. Io ho bisogno di tranquillità personale, di stare accanto a mia moglie che amo, ma soprattutto di avere le mani libere per agire in tutte le sedi legali contro chi mi ha procurato questo danno, a cominciare da un imminente esposto alla procura della Repubblica, che intendo presentare. Qui è in gioco la mia onorabilità e giudico importante poter agire per dimostrare la mia assoluta trasparenza e correttezza, senza coinvolgere il governo».

E poi, ancora: «Mai un euro del ministero è stato speso per attività improprie. L’ho detto e lo dimostrerò in ogni sede. Non solo. Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni». Nemmeno il tempo di annunciare le dimissioni che è arrivata la firma del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che ne ha subito apposta anche un’altra, quella sulla nomina di Alessandro Giuli, fino a oggi presidente del Maxxi, che giurerà alle 19.
A contribuire alla fine rocambolesca dell’avventura di Sangiuliano a via del Collegio Romano può essere stata l’imminente nuova intervista di Boccia, che stasera racconterà nuove verità a La7. Ma anche l’accelerazione impressa dalla giustizia: la procura di Roma ha infatti aperto un fascicolo sul caso, come confermato da una fonte di Piazzale Clodio, dove nelle scorse ore il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli ha presentato un esposto con riferimento ai reati di peculato e rivelazione di segreto d’ufficio, allegando una serie di articoli stampa e il materiale social pubblicato dalla quasi consigliera del ministro che imbarazza il governo.

Il fascicolo è attualmente a modello 45, ovvero senza ipotesi di reato e, dunque, indagati. Ma consentirà una fase di accertamenti “preliminari” che, in caso di notizia di reato, renderà necessaria una nuova iscrizione. Nel suo esposto, Bonelli sottolinea che «tra il mese di giugno e agosto sarebbero almeno 8 le trasferte del ministro della Cultura alle quali avrebbe preso parte la signora Boccia». Chi pagava? Sangiuliano giura di averlo fatto di tasca propria. Ma al ministero della Cultura, per prassi, le spese vengono successivamente rimborsate dalla Direzione generale Bilancio, spiega Repubblica. E Boccia ribadisce di averlo accompagnato come «consigliere grandi eventi», trasferte che la donna sapeva essere pagate dal ministero e per le quali interloquiva solo «con il capo segreteria».

Anche la Corte dei Conti, inoltre, vuole vederci chiaro. E per questo ha avviato un’istruttoria sul caso per verificare eventuali violazioni di tipo contabile, verifiche coordinate dal procuratore Regionale della Corte dei Conti del Lazio, Paolo Luigi Rebecchi. L’imprenditrice ha infatti raccontato di aver fatto «anche trasferimenti personali» con l’auto del ministro ad eventi e concerti. Nel pomeriggio, Sangiuliano aveva commentato la notizia positivamente: «In tal modo avrò la possibilità di chiarire tutto e dimostrare che non sono stati spesi fondi pubblici né un euro del ministero è stato utilizzato per viaggi e trasferimenti della signora Maria Rosaria Boccia», aveva dichiarato. Parole che erano apparse come un tentativo di resistere, ma che di fatto sono state le ultime da ministro.
Ora il prossimo passo è l’esposto contro Boccia. L’ipotesi formulata dall’avvocato Sica è quella di violazione della privacy e tentata estorsione. Sangiuliano è certo di non aver mai parlato davanti a lei di temi riservati. Ma il timore, come scritto da Domani, è che l’imprenditrice possa aver scaricato l’intero archivio di WhatsApp del ministro. E, dunque, potenzialmente anche chat con la presidente Meloni, finendo per avere accesso a tutta una serie di informazioni riservatissime. «Stiamo verificando una per una le dichiarazioni della dottoressa Boccia», ha spiegato Sica, descrivendo Sangiuliano come «assolutamente sereno», ma «dispiaciuto per la sua carriera politica».

Rimangono da chiarire tanti punti, come i presunti ricattatori - che lo terrebbero in pugno «per delle agevolazioni che hanno avuto» - di cui Boccia, nella sua intervista a La Stampa, ha parlato. Tra questi ci sarebbero anche direttori di settimanali. Per Sica, però, «non ci sono prove che sia stato ricattato» e «per il materiale che abbiamo esaminato siamo nel pieno di una vicenda privatissima». Un privato travasato tristemente nel pubblico. «Non escludiamo alcuna ipotesi», ha sottolineato il legale, dunque anche il complotto, già ipotizzato dal centrodestra. Ma per la stessa Boccia sono tutte fandonie: «Hanno molta fantasia».