Sembra aver mollato gli ormeggi, Matteo Salvini, sulla linea di appoggio a Trump rispetto al conflitto ucraino. Il leader leghista, infatti, sta assumendo toni sempre più espliciti e pressanti per la cessazione delle ostilità alle condizioni imposte dal presidente americano e contro la volontà della leader Ue Ursula von der Leyen di stanziare un nuovo, sostanzioso pacchetto di aiuti militari ed economici a Kiev, oltre che di procedere a un programma di incremento delle spese per la difesa europea.

Parlando all'auditorium di Assolombarda nel corso di un'iniziativa sulle infrastrutture e la logistica, il segretario del Carroccio ha ricordato la mobilitazione prevista per i' 8 e il 9 marzo “per la pace in Ucraina e la pace fiscale”, con l'obiettivo di allestire mille gazebo in tutta Italia ed ha attaccato la Commissione con toni che hanno sollecitato un'immediata replica da Forza Italia, allineata invece col Ppe. Un film già visto, si potrebbe dire, con la differenza che la risolutezza di Trump, il quale ha annunciato il prossimo stop agli aiuti all'Ucraina, impone a tutti i leader del centrodestra (oltre che a quelli dell'altro schieramento) di schierarsi da una parte o dall'altra. Da questo punto di vista, Salvini è stato chiarissimo: «Per me», ha detto, «l'interesse nazionale prevale su quello europeo, premesso che dovrebbero coincidere. Il problema non sono i dazi di Trump ma quelli europei che ci auto-infliggiamo».

«Partiamo dai numeri, dalla prospettiva di ciò che probabilmente può accadere. Certezze non ne abbiamo, e lo dimostrano le visioni di 2 anni fa su come la guerra sarebbe andata a finire e su come le sanzioni avrebbero pesato sulla Russia». Poi aggiunge: «Se mi chiedono se per me prevale l'interesse europeo o quello nazionale, fatto salvo che in un mondo ideale dovrebbero coincidere, rispondo che per me prevale quello italiano». «L'Italia», ha proseguito, «può dialogare con la prima potenza al mondo. L'Italia non è l'obiettivo di Trump in fatto di dazi. Noi esportiamo prodotti di fascia molto alta: Ferrari e Parmigiano. Non penso che se Trump voglia ridurre il disavanzo commerciale con questa la strategia. Trump usa i dazi come strumento commerciale, per chiedere lo schieramento di militari per bloccare traffico di droga e immigrazione».

Per quanto riguarda il versante militare, per Salvini «al momento non ci sono vincitori sul campo, Trump vuole chiudere i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente per motivi anche commerciali. Non penso che l'invio di truppe italiane sia all'ordine del giorno, come ha detto la premier. Il governo, nonostante quello che si scrive, è assolutamente compatto su questo». Ma l'affondo

più veemente, il segretario della Lega, lo riserva alla Commissione e alla maggioranza che governa l'Ue: «Fare debito per acquistare armi», dice, «è la scelta giusta per lasciare la pace ai nostri figli? Continuo a sostenere che serva cautela e mi chiedo, se al posto di Roma, che ha una sintonia con Washington, ci fosse Parigi o Berlino, Macron o Scholz curerebbe gli interessi europei o quelli nazionali?».

Salvini poi, intestando una nota agli europarlamentari leghisti e non a lui personalmente, arriva a parlare di «preoccupante deriva bellicista intrapresa dall'Unione Europea, che mentre l'America di Donald Trump lavora per la pace e parla di fine del conflitto in Ucraina, corre al riarmo e parla di soldati al fronte. Investire nella difesa è importante, ma è prerogativa dei singoli Paesi, non della Commissione Europea». «È allarmante», prosegue la nota, «anche che Ursula Von der Leyen proponga di investire in armamenti sottraendo risorse ai fondi di coesione, che sarebbero in realtà destinati a promuovere lo sviluppo economico e sociale degli Stati membri».

«L'Ue non riesce a reperire fondi per le altre priorità, ma trova 800 miliardi per il riarmo? Una escalation militare inquietante, che non è per nulla proporzionale agli sforzi effettuati da Bruxelles, negli ultimi tre anni, per fare sì che la diplomazia si sostituisca ai fucili e alle bombe: se qualcuno in Europa vuole la terza guerra mondiale», conclude la nota degli euroleghisti, «non lo fa a nostro nome».

Gli attacchi di Salvini a von der Leyen hanno spinto, a sua volta, il portavoce di FI Raffaele Nevi a intervenire in difesa di Bruxelles: «Credo che Salvini vada in piazza», ha detto, «soprattutto per la pace fiscale in Italia e la pace in Ucraina e, mi auguro non contro la difesa comune europea».

Intanto, sul fronte interno del Carroccio è stato dato l'importantissimo annuncio ufficiale della data del congresso federale, appuntamento in funzione del quale si può leggere l'attivismo del segretario: si terrà il 5 e il 6 aprile a Firenze, sede che di per sé rappresenta già un segnale politico dato da Salvini a chi insisteva per tornare al “partito del Nord”.