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Il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini durante il Question time al Senato a Roma, Giovedì, 12 Settembre 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Foreign Minister Antonio Tajani and Infrastructure minister Matteo Salvini during Question time at the Senate in Rome, Thursday, September 12, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Per iniziare il disgelo in maggioranza, ci vorrà ancora un po'. Se qualcuno pensava infatti che il Consiglio dei ministri di ieri fosse l'occasione di un chiarimento tra i leader di coalizione, nelle more dell'approvazione dei provvedimenti all'ordine del giorno, si è dovuto ben presto ricredere.
Non perché si siano vissuti altri momenti di scontro acuto tra Lega e Forza Italia, ma semplicemente perché la riunione dell'esecutivo è durata solo 15 minuti e ha visto l'assenza di uno dei protagonisti del conflitto interno alla coalizione. Matteo Salvini, infatti, ha preso la strada di Milano anziché quella di Palazzo Chigi, per problemi familiari.
Negli ultimi due consigli dei ministri, dunque, seppure per ragioni diverse il segretario di Forza Italia Antonio Tajani e quello del Carroccio non si sono seduti allo stesso tavolo. Cosa che hanno fatto, come noto, domenica scorsa a casa Meloni per l'ormai famosa apericena, risoltasi con gli esiti altrettanto noti e fallimentari. Occorrerà a questo punto attendere il prossimo Cdm col plenum dei ministri, o più probabilmente un vertice del centrodestra con tutti i crismi e con una location istituzionale in luogo di un villino a schiera di Roma Sud, e soprattutto con la tv spenta e una lista puntuale di tutti i nodi da sciogliere per riprendere il cammino delle riforme e sminare la legislatura.
Certo comincia ad apparire come singolare, in questo scorcio di legislatura, il fatto che anche la presenza o meno al Consiglio dei ministri sia diventato un possibile argomento polemico nei confronti degli alleati, a seguito di eventuali dissapori. Nelle ultime settimane sono abbondati i retroscena sulle assenze prima del ministro della Difesa Guido Crosetto, quindi – la settimana scorsa – della delegazione ministeriale di Fi, circostanze smentite dai diretti interessati.
In attesa della tregua all'interno del centrodestra, non è mancato nemmeno ieri qualche strascico dello scontro lacerante che si è prodotto in commissione al Senato sul canone Rai. Il senatore leghista Stefano Candiani, infatti, ha tenuto a far sapere ai colleghi di maggioranza azzurri che il suo partito probabilmente tornerà alla carica: «Resta in campo», ha detto Candiani, «la proposta di legge sui tetti pubblicitari che punta gradualmente a liberare gli italiani dal canone, una tassa odiata, dando opportunità di crescita anche ad una azienda come la Rai.
La Lega è pronta, anche a trasformarla in emendamento a qualsiasi altro provvedimento». «È anche curioso», ha aggiunto il senatore, «che coloro che sono stati, in passato, sempre molto zelanti nel sollevare i conflitti di interesse tra Forza Italia e Mediaset in questo caso siano rimasti molto silenti. Silenziosissimi. Un silenzio sospetto».
Lo scenario di una guerriglia parlamentare strisciante, nel momento in cui il Parlamento si appresta a votare gli emendamenti alla Legge di Bilancio, non è da escludere e dal punto di vista di Meloni va scongiurato prima possibile. Tajani, dopo i picchi di conflittualità delle ultime ore, cerca di stemperare: «Intendo lavorare serenamente», ha detto, «collaborando con Giorgia Meloni, con Matteo Salvini, per mantenere gli impegni che abbiamo preso con i cittadini.
Credo fortemente nel centrodestra», ha aggiunto, «il mio compito è quello di allargare il centrodestra verso il centro, cioè occupare quello spazio che oggi è libero tra Giorgia Meloni e Elly Schlein, perché il Partito Democratico si sposta sempre più a sinistra, noi dobbiamo invece occupare quello spazio, uno spazio di centro, perché c'è voglia di centro visto che stiamo crescendo nei consensi elettorali».
A confermare l'urgenza di un vertice approfondito di coalizione, il leader di Fi conferma che è «importante vedersi il più possibile: dovremmo ritagliarci più tempo per confrontarci, per parlare, fare delle scelte comuni. Perché a volte possono esserci delle piccole incomprensioni proprio perché non riusciamo a parlare a lungo».
Nel frattempo, a portare sulla stessa lunghezza d'onda tutte le forze di maggioranza ci ha pensato lo sciopero le generale, con le critiche concordi al leader della Cgil Maurizio Landini e la condanna ai violenti, che in alcune città hanno dato vita a scontri con le forze dell'ordine e hanno incendiato sagome raffiguranti la premier Meloni e Salvini.