È' un Salvini a tutto campo, aggressivo, che punta a fare possesso palla per evitare che siano i leader dei partiti concorrenti (o i “malpancisti” della Lega) a condurre il gioco. Il congresso del Carroccio si avvicina, e anche se non è stata ancora fissata una data precisa, l'appuntamento dovrebbe svolgersi in aprile, dopo una serie di iniziativa locali che avranno l'obiettivo di tastare il polso della base prima della consultazione finale.

Da questo punto di vista, la lunga vicenda del processo Open Arms, conclusasi con l'assoluzione dell'allora ministro dell'Interno Salvini, se da un lato ha contribuito a creare un conflitto apparentemente insanabile tra la maggioranza e le toghe, dall'altro ha cementato l'unità del partito di via Bellerio, nel nome della solidarietà al segretario. Quella che si è da poco conclusa, infatti, è stata la stagione della mobilitazione permanente a favore del leader, una mobilitazione fatta di petizioni di solidarietà, di raccolta firme sotto ai numerosi gazebo leghisti.

La nuova frontiera per tenere serrati i ranghi è un vecchio cavallo di battaglia del Carroccio, al quale Salvini sta dando nuova linfa, con una martellante campagna di comunicazione che non aveva avuto eguali in passato. Stiamo parlando della pace fiscale, della proposta cioè di rendere rateizzabili le cartelle esattoriali di basso o medio importo, fino a dieci anni, senza interessi o sanzioni accessorie. Oggi ci sarà un vertice della Lega, al quale dovrebbe partecipare – in remoto o in presenza – anche il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che su questo fronte ha già garantito la propria copertura politica ed economica all'iniziativa. L'idea di Salvini è quella di portare in Parlamento una proposta di legge, su cui incalzare gli alleati. «Conto che sia realtà», ha detto, «già entro questa primavera».

Non è un segreto che il ministro dei Trasporti stia conducendo questa campagna in aperta competizione con Forza Italia e soprattutto con Fratelli d'Italia col cui viceministro all'Economia Maurizio Leo gli uomini della Lega hanno già polemizzato, ritenendo il concordato fiscale e le relative lettere inviate ai suoi potenziali destinatari un errore. E non è un caso che ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia intervenuta personalmente sul tema, proprio per non lasciare campo libero al leader leghista su un tema così sentito dagli elettori.

L'assist alla premier lo hanno fornito i dati sul contrasto all'evasione, che hanno consentito a Meloni di rivendicare un successo nella lotta ai “furbetti”, ma nello stesso tempo di ribadire l'attenzione ai cittadini comuni che hanno pendenze col fisco. Il messaggio indiretto a Salvini è che l'attuale situazione dell'erario non giustifica una misura così estesa come quella reclamata dalla Lega, e che il governo non ha tradito la propria linea a favore di un “fisco amico”. Difficile, però, pensare che il vicepremier abbandonerà la linea aggressiva, anche perché negli ultimi giorni l'iniziativa politica leghista è tornata a presidiare in modo pressante tutti i temi sensibili nella lotta per il consenso elettorale all'interno del centrodestra.

Basta vedere le dichiarazioni fatti ieri a margine della visita a Genova ai cantieri del Terzo Valico, soprattutto in tema di politica estera, il giorno dopo il vertice a undici di Parigi convocato in fretta in chiave anti- Usa dal presidente francese Emmanuel Macron, a cui Giorgia Meloni ha partecipato obtorto collo, non rinunciando a manifestare apertamente tutte le proprie perplessità per il metodo, il merito e l'esclusione di alcuni paesi, tra cui l'Ungheria del sovranista Viktor Orban, suo compagno di gruppo a Bruxelles e a Strasburgo.

Ma mentre Meloni è stata costretta dal suo ruolo a mantenere toni diplomatici, tenendo fede all'idea di fungere da trait d'union tra Europa e Usa, Salvini non ha avuto remore, trovando anche una perifrasi per giustificare la mancata solidarietà a Sergio Mattarella per gli attacchi subiti dalla portavoce del Cremlino Maria Zhakarova («Il presidente della Repubblica si ascolta e non si commenta» ). Ma la vetta del Salvini- pensiero, ieri, è stata toccata dagli elogi a Trump, per rivendicare ancora una volta la primigenia del sostegno italiano al presidente a stelle e strisce: «Chi lo critica» ha detto Salvini, «o rosica o non capisce, io penso che il nemico non sia Trump, sta facendo più lui in poche settimane che Biden in quattro anni, se uno riesce a mettere al tavolo Putin, Zelensky, Netanyahu e i Paesi Arabi, gli diamo il Nobel per la Pace, altro che bullismo».