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«Non deve esserci alcun regolamento di conti» con la magistratura. La vicepresidente dem del Senato, Anna Rossomando, non ha dubbi: il caso Palamara non deve trasformarsi nell’occasione per colpire l’indipendenza delle toghe.
Partiamo dalla giustizia, dunque. A che punto sono progetti di riforma?
Quando parliamo di riforma della giustizia, parliamo prima di tutto di riforma del processo civile e penale. Sono due riforme attese, già incanalate nella scorsa legislatura. Soprattutto la prima è necessaria, urgente e centrale perché riguarda il rilancio economico del Paese. Serve ad attrarre investimenti, ad adeguarci ai più avanzati standard europei e ad affrontare in maniera più decisa la questione dei tempi della giustizia per completare un percorso già iniziato.
Dopo il caso Palamara è diventata centrale anche la questione della riforma del Csm. Basta riformare il sistema elettorale dell'Autogoverno per ridare lustro al prestigio delle toghe?
La riforma del Csm era già necessaria prima, i recenti fatti di cronaca la rendono semplicemente indifferibile. Ma bisogna essere consapevoli che non sarà una riforma, da sola, a sanare le derive del correntismo. L'obiettivo comunque non è intervenire esclusivamente sulla legge elettorale, anche se già il superamento di un collegio nazionale a vantaggio di collegi più piccoli sarebbe un'ottima soluzione.
L'opzione sorteggio è definitivamente tramontata?
Sì, e sono molto soddisfatta per questo: non solo sarebbe stato incostituzionale, ma suonava anche come una reazione irrazionale alla situazione.
Il vecchio progetto di riforma dell'ex ministro Orlando prevedeva una piccola “rivoluzione” al Disciplinare del Csm, riassumibile con lo slogan “chi nomina non giudica”. Questo punto verrà recuperato nella nuova riforma?
Siamo impegnati affinché questo punto venga assorbito dalla nuova riforma. Se ne è discusso a lungo e sono ottimista, è un tema fondamentale. Come, del resto, sarà fondamentale intervenire sulla rappresentanza di genere e sui meccanismi che rendano più trasparenti i criteri con cui vengono effettuate le nomine. Tutte queste questioni non possono essere separate.
Non sarà una riforma punitiva nei confronti della magistratura, come teme l'ex presidente dell'Anm Eugenio Albamonte?
Assolutamente no, non deve esserci alcun regolamento di conti. Sono una cittadina democratica e di cultura garantista e so perfettamente che le riforme non sono mai neutre. L’ autonomia della giurisdizione è a tutela delle garanzie di tutti, quindi garantirne l’indipendenza deve essere interesse generale.
Possibili distorsioni a parte, le correnti sono un bene o un male?
Sono un bene, perché rappresentano il pluralismo culturale sui temi della giustizia. Devono essere un luogo di elaborazione e di proposta. Dannoso è il correntismo, semmai, ovvero la degenerazione delle correnti, perché riguarda una contesa tra le parti finalizzata al potere, che non c'entra nulla con una visione della politica giudiziaria. Non penso che le correnti si possano abolire, anzi credo che sarebbe un errore: produrrebbe, per paradosso, meccanismi più opachi finalizzati a una spartizione del potere. Le correnti dovrebbero essere invece maggiormente propositive, ma per alzare il livello del dibattito. L'associazionismo in sé è sempre un bene.
Inserire la figura dell'avvocato in Costituzione potrebbe essere utile anche riequilibrare il rapporto tra accusa e difesa e far sentire il cittadino maggiormente tutelato?
Quando parliamo di riforma del Csm bisogna parlare anche di riforma del ruolo dell'avvocatura nei consigli giudiziari. Io credo nell'autogoverno e nell'autonomia della magistratura, ma tutto questo sta in piedi all'interno di un perimetro che non sconfini nell'arbitrio. E l'avvocato in Costituzione, che personalmente sostengo con convinzione, serve a tutelare la giurisdizione, per rafforzare il contraddittorio e la parità delle parti nel processo.
Spostiamoci in Europa. Mentre parliamo, il presidente del Consiglio è impegnato in una delicatissima trattativa. Se da Bruxelles arrivassero risorse meno corpose del previsto, chiedere l'attivazione del Mes diventerebbe indispensabile? Indipendentemente dall'entità dell'aiuto che arriverà dall'Europa, non si può rinunciare al Mes. E confido che i dubbi dei nostri alleati, legati soprattutto al timore delle condizionalità, potranno essere fugati. Dobbiamo riformare la nostra sanità per rafforzarla. Ricordando che si tratta di spese sanitarie dirette e indirette, questo significa che tutte le risorse necessarie a far funzionare i nostri servizi pubblici saranno interessate dal Mes.
Nel senso che liberando 37 miliardi dalla Sanità potremmo investire risorse in altri settori...
Appunto. Bisogna mettere da parte le bandierineideologiche e trovare il coraggio di rivendicare un Mes senza condizionalità.
Il M5S riuscirebbe a tenere compatto il gruppo?
La maggioranza deve essere impegnata a sostenere Conte in questa delicata trattativa e guardare al risultato complessivo. Sono sicura che la maggioranza terrà perché l'obiettivo di tutti i partiti del governo è costruire un'Europa libera dall'austerità, all'insegna della cooperazione, della solidarietà e di un nuovo modello di sviluppo. Per la prima volta si sta discutendo di politica economica europea. È una sfida storica e non possiamo non farne parte.
Se qualche senatore grillino si sfilasse, magari per bussare alle porte della Lega, potrebbe tornare utile la disponibilità al dialogo offerta da FI?
Siamo nel campo delle ipotesi e io non credo proprio che in un momento così delicato possano verificarsi delle fughe trasformiste verso un partito che rivendica l'isolamento dell'Italia. Non vedo neanche all'orizzonte cambiamenti di maggioranza, ma è chiaro che non sarebbe un male avere un atteggiamento diverso da parte delle opposizioni, come ha fatto Forza Italia, che ha pubblicamente dichiarato il proprio sostegno a Conte in questa fase. Così si dimostra di essere classe dirigente.
In Liguria Pd e M5S sfideranno insieme Giovanni Toti. Nascerà una coalizione anche in Puglia e nelle Marche?
Lo auspico fortemente. Rispetto alle regionali, dove ci sono le condizioni è giusto farlo, bisogna avere una proposta politica che sappia parlare alla gente. Ho rispetto per il dibattito interno al Movimento e non toccherebbe certamente a me dirlo, ma mi sembra evidente che a questo punto lo slogan “non siamo né di destra né di sinistra” non regge più.