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Nuova doccia gelata per Virginia Raggi: l’Organo di revisione economico- finanziaria del Comune ha bocciato il bilancio di previsione capitolino. Ad annunciarlo è Marcello De Vito, presidente del consiglio municipale, che ha anche comunicato di aver «sconvocato» la seduta previste per oggi, scatenando l’ira delle opposizioni. E mentre i consiglieri di maggioranza si smaterializzano, la Lista Marchini pretende le dimissioni della sindaca, Stefano Fassina si rivolge direttamente a Beppe Grillo invitandolo a «mettersi una mano sulla coscienza» e verificare se esistono ancora le «condizioni politiche e amministrative per andare avanti», il Pd parla di episodio senza precedenti. Secondo i revisori, il bilancio 2017- 2019 presenta una «non corretta previsione degli ingenti e imminenti oneri derivanti dalla gestione delle partecipate, dalle passività potenziali relative alle garanzie rilasciate da Roma Capitale in relazione all’operazione “punti verde qualità”, dalla realizzazione della linea metropolitana C e dell’ammodernamento di quelle esistenti». Per l’Oref, inoltre, possibili criticità potrebbero essere legate «alle passività potenziali inerenti le problematiche curate dal diparti- mento politiche sociali e dal contenzioso relativo al Ccnl per i dipendenti di Roma Tpl». Manca anche uno «specifico programma» di recupero crediti e non trovano «riscontro le raccomandazioni del Mef e le previsioni del piano di rientro in riferimento alla razionalizzazione e/ o alienazione delle partecipazioni in società che non svolgono attività per il raggiungimento di fini istituzionali dell’Ente». Ma, secondo i revisori, razionalizzare la spesa attraverso nuovi tagli è praticamente impossibile, «se non a danno della qualità dei servizi erogati dall’Ente ai cittadini» tagli. Praticamente una disfatta amministrativa. Per la capogruppo dem in Campidoglio, Michela Di Biase, si tratta di un fatto inedito. «Non era mai successo», dice, «ora riportino la discussione sul bilancio in Aula e facciano quadrare i conti. La grande tessitura che dicevano sul bilancio non c’è stata, si rimettano al lavoro in tempi brevi». Per l’ex candidata sindaca Giorgia Meloni, invece, la bocciatura dell’Oref rappresenta «un altro grande risultato del sindaco di Roma Raggi. Questo vuol dire che la manovra è da rifare e che il Comune rischia il commissariamento», scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia. «A poco più di sei mesi dalla sua elezione la Raggi potrebbe battere un altro record: essere commissariata prima da Grillo e poi dal Prefetto».
La nuova grana per i 5 stelle arriva all’indomani del rimpasto di Giunta che aveva ristabilito un precario equilibrio interno e convinto i vertici pentastellati a proseguire con l’esperienza amministrativa romana. La giornata di Raggi era iniziata all’insegna dell’autodifesa sul fronte giudiziario. In mattinata, infatti, Raffaele Marra è stato interrogato dal gip Maria Paola Tomaselli nel carcere di Regina Coeli. «Non temo né le parole di Marra né l’esposto della Raineri», ha detto la sindaca ostentando tranquillità. «Non è vero che Marra mi ricattava», dice la sindaca, forte del nuovo sostegno di Beppe Grillo. Del resto l’ex vice capo di gabinetto per il momento ha risposto solo alle accuse che gli son costate la misura cautelare: il rapporto con l’imprenditore Sergio Scarpellini e la presunta tangente da 367 mila euro per l’acquisto di un appartamento. «Raffaele Marra ha risposto su tutto, ha anche fornito precisazioni sulle questioni che riguardano Malta», ha detto alla stampa Francesco Scacchi, avvocato dell’ex dirigente comunale, che poi ha specificato di non aver presentato istanza di scarcerazione per il suo assistito. E sulle parole che l’ex braccio destro di Raggi pronuncia al telefono con la segretaria di Scarpellini chiedendo di intervenire sul costruttore Francesco Caltagirone, editore del Messaggero, per porre fine a una campagna stampa ostile, Raffaele Marra spiega al gip: «L’aver detto che stavo a disposizione era solo atto di cortesia nei confronti di una persona che conoscevo, nulla di più e nulla di meno». Una versione in qualche modo confermata da Sergio Scarpellini, l’imprenditore finito agli arresti insieme all’ex vice capo di Gabinetto. I soldi dati Marra nel 2013 non servivano affatto a corrompere il dirigente comunale: «Per me era un prestito che aspetto ancora mi venga restituito», ha detto l’imprenditore ottantenne. «Io non ho niente da nascondere, non ho avuto nessuna contropartita», ha aggiunto, «Marra non poteva conoscere i miei interessi a livello istituzionale e politico e, in ogni caso, non avrebbe potuto intervenire in alcun modo».