«Le risorse sono limitate». È così che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha spiegato i motivi dell’esclusione dei professionisti dall’accesso al contributo a fondo perduto. Con l’apertura, qualora il Parlamento lo ritenesse, di ridiscutere la materia, allargando la platea dei beneficiari. Ma le notizie dell’ultima ora vedono il decreto viaggiare spedito verso un nuovo voto di fiducia, a causa delle dimensioni del provvedimento, che conta 266 articoli e sul quale in commissioni si sta votando un migliaio di emendamenti. L’esclusione, accolta da cori di disapprovazione da forze politiche trasversali e dalle associazioni di categoria, è stabilita dal testo del decreto, che prevede per tutta una serie di categorie produttive la possibilità di accedere al contributo. Una differenziazione che, in passato, Gualtieri aveva spiegato sottolineando come gli iscritti agli Enti di previdenza privati non possano essere ritenuti assimilabili alle piccole e medie imprese. Oggi, invece, la motivazione appare diversa. A tentare riaprire le porte d’accesso al contributo ci hanno provato diversi gruppi politici, proponendo emendamenti che mirano ad estendere il contributo anche ai professionisti. Una richiesta ribadita nel corso dell’audizione anche dall’ex ministro Mariastella Gelmini, che ha invitato il governo a un «supplemento di riflessione», per «non allargare la forbice tra i tutelati e i non tutelati».
Gualtieri passa la palla al Parlamento, ma incombe il voto di fiducia
Gualtieri ha ribadito la scelta del Governo, affidando poi la palla al Parlamento. Che però potrebbe non avere effettivamente voce in capitolo. «Il governo guarda con attenzione e rispetto» alle obiezioni, ha chiarito il ministro, «sono consapevole del legittimo disappunto dei professionisti, che io rispetto molto», ma l’esecutivo ha scelto alcune «priorità», riferite, soprattutto, alle soglie di reddito, collocando automaticamente così buona parte dei liberi professionisti nella categorie più agiate. Sempre sulla base di quelle soglie è dunque possibile spostarsi dal reddito di ultima istanza al fondo perduto, ma i canali sono alternativi ed economicamente non presenterebbero alcuna differenza. «Se invece si decidesse di includere anche i professionisti di alto reddito - ha sottolineato ancora il ministro -, allora riceverebbe nel canale del fondo perduto benefici superiori. Il Parlamento è libero, può fare questa scelta, ma in quadro limitato di risorse ogni scelta ha dei pro e dei contro». Se il Parlamento suggerirà dei cambiamenti, ha concluso Gualtieri, «noi saremo seri e attenti».
La dura critica di Adepp: «Quanto valgono i professionisti?»
Le dichiarazioni del ministro non hanno però calmato le acque, mandando su tutte le furie Alberto Oliveti, presidente dell’Associazione degli Enti di previdenza privata. «Solo pochi giorni fa la sottosegretaria al lavoro, Francesca Puglisi, aveva auspicato che l’esclusione dei professionisti da questa misura di sostegno potesse essere corretta dal Parlamento in sede di conversione del decreto in legge – ha sottolineato – un auspicio accolto da onorevoli appartenenti ad alcuni gruppi politici anche di Governo. Per il Mef la platea è troppo estesa e avrebbe un costo elevato per il Governo. Ma quanto vale, invece, la sopravvivenza di una parte attiva e importante di questo Paese?». E anche la maggioranza ha chiesto modifiche al decreto, che «deve essere l'occasione per estendere i contributi a fondo perduto anche ai professionisti - ha sottolineato il deputato di Iv Cosimo Maria Ferri -. Occorre riattivare un dialogo con il mondo delle professioni che non possono e non devono essere invisibili agli occhi del Governo. Ogni professionista - ha aggiunto -, secondo le indagini statistiche, ha perso circa 13mila euro di reddito l'anno. Serve maggiore attenzione e capire l'importanza del mondo professionale per la nostra economia al pari delle altre attività economiche».I professionisti ordinistici hanno attualmente diritto al solo bonus mensile da 600 euro, dopo una prima esclusione - per via di un errore materiale - dalla platea degli aventi diritto all’erogazione dei mesi successivi a quello di marzo. Per risolvere l’errore è stato necessario un decreto interministeriale, consentendo, proprio in questi giorni, l’erogazione dei contributi. Che per gli avvocati è partita il 19 giugno, così come comunicato da Cassa Forense, che liquiderà dunque le somme a coloro che hanno già usufruito del bonus a marzo e ai 3.813 aventi diritto che hanno presentato istanza tra l’8 giugno e il 12 giugno, sulla base dell’ordine di presentazione della domanda e all'esito delle verifiche operate dagli Uffici, anticipando in tal modo, per conto dello Stato, «ulteriori 2.287.800 euro».