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La frase di Matteo Renzi «non vogliamo sottosegretari, vogliamo cantieri», nascondeva un non detto: vogliamo anche le Commissioni di Camera e Senato. Tradotto: il salvataggio del Guardasigilli Alfonso Bonafede non è stata una pratica a costo zero, il premier Giuseppe Conte la ha indicata come imperativo per la prosecuzione del governo e Italia Viva la ha votata, ma solo in cambio dell’assicurazione di contare di più. Del resto - è il ragionamento dei renziani - i gruppi parlamentari di Iv hanno circa la metà dei numeri di quelli del Pd, ma “pesano” molto meno a livello di cariche nei ministeri. Ergo, proprio in virtù di questo credito da spendere nei confronti di Conte e soprattutto di uno squilibrio nella formazione del governo, Italia Viva punta a sfruttare al meglio la ghiotta occasione della scadenza delle presidenze di Commissione.
Secondo il manuale Cencelli della politica da Prima repubblica, infatti, gli scranni nelle commissioni parlamentari sono meno appariscenti ma ben più importanti di un posto da sottosegretario o da viceministro. Le prime sono lo snodo per cui passa ( o si arena) un provvedimento, i secondi danno lustro politico ma spesso sono scatole vuote perchè non ricevono deleghe vere e proprie. In questo senso, i desiderata di Renzi sono chiari: l’economista Luigi Marattin a capo della commissione Bilancio, filtro da cui passano di fatto tutti i disegni di legge che prevedono spese; e Maria Elena Boschi agli Affari costituzionali, altra sede chiave da cui passano tutti gli snodi fondamentali a partire dalla legge elettorale; più un sottosegretariato politico, magari alla Giustizia, per Lucia Annibali. In alternativa, posto che ottenere entrambe le commissioni sarà ragionevolmente improbabile, i renziani sono disposti a scambiarne una con la presidenza della commissione Giustizia o Infrastrutture. Entrambe, infatti, vigileranno sui provvedimenti chiave del programma di Renzi, deciso a ritornare sullo stop alla prescrizione e a dare battaglia sul “piano shock” di investimenti in opere pubbliche.
La partita a poker sarà lunga e complessa: le commissioni scadono a fine giugno ma il rinnovo potrebbe anche slittare a dopo la pausa estiva, secondo voci di maggioranza. Inoltre, a spartirsele ci saranno sempre anche Pd e Leu. Attualmente, infatti, le commissioni che diverranno “vacanti” sono 11, ovvero quelle che dovranno essere liberate dalla Lega ( che si era rifiutata di lasciarle dopo il cambio di governo). Inoltre, non è detto che anche i 5 Stelle non debbano cedere qualcuna delle loro 14 presidenze, proprio in ottica di bilanciamento nell’esecutivo giallorosso.
Accanto alle richieste di Italia Viva, dunque, dovranno essere coniugate anche quelle di Pd e Leu. Per quanto riguarda la Commissione Giustizia al Senato vengono considerate alte le quotazioni dell’ex presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso. Sempre al Senato, il Pd sarebbe interessato alla Lavoro con Tommaso Nannicini. I dem, poi, reclamano per sé almeno una delle due presidenze alla Bilancio, con le ipotesi di Fabio Melilli a Montecitorio o in alternativa Dario Stefano al Senato. Tuttavia il timore sono i veti grillini, nel caso in cui alla Camera andasse il renziano Marattin e al Senato il dem Stefano. Altra incognita sono le commissioni Esteri: i 5 Stelle hanno Luigi Di Maio al ministero e controllano entrambe le commissioni di Camera e Senato, dunque è plausibile un cambio ai vertici parlamentari.
Insomma, un bel risiko parlamentare, che richiederà sapiente uso di bilancini e grande capacità di persuasione. Anche perchè in alcune commissioni la maggioranza ha numeri risicati, dunque non sono permesse defezioni.
La certezza, in casa Italia Viva, è che la partita è centrale per ottenere finalmente il peso politico che fino a qui i renziani non sono riusciti ad esercitare. «Basta fare la parte dei figli di un dio minore», è la battuta che circola tra i gruppi.
L’intento sembra quello di applicare alla lettera i dettati della Prima repubblica, preferendo posizioni più mediaticamente defilate nelle commissioni ma più sostanziose per incidere nella vita dell’Esecutivo. Unica delega che Renzi avrebbe provato a strappare direttamente al presidente del Consiglio è stata la delega ai Servizi per il fido Ettore Rosato. Conte, che l’ha tenuta gelosamente per se come assicurazione sulla vita, però, è stato chiaro nel dire no.
Ora, dunque, comincerà il lento lavoro di tessitura dietro le quinte. Con abboccamenti, pontieri al lavoro nei corridoi semideserti di Palazzo Madama e Montecitorio e infiniti confronti di maggioranza. La quadratura del cerchio non sarà facile e, probabilmente, il fronte che dovrà ridimensionarsi sarà quello grillino, sia alla luce del mutato quadro politico che per il fatto che, al momento della spartizione due anni fa, le forze di governo erano due. Ora, invece, sono quattro.