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La premier Giorgia Meloni
Un voto frastagliato, con molti distinguo, verso il quale il centrodestra italiano è andato in ordine sparso, al pari dell'aspirante Campo Largo. Con la differenza che le divisioni, in una maggioranza di governo, potrebbero avere ripercussioni con un peso specifico maggiore. Il via libera del Parlamento europeo alla risoluzione presentata da Ursula von der Leyen sul Libro Bianco della Difesa, che contiene anche l'avallo al piano ReArm Europe, ha presentato un quadro, per la verità, già visto, dal momento che in diverse occasioni precedenti Forza Italia e Lega si sono trovati su fronti contrapposti, con FdI oscillante a seconda dei dossier sul tavolo. E così è stato anche stavolta, anche se il tema della politica estera del nostro paese e delle sue alleanze internazionali non si era mai posto in termini così concreti e urgenti, con la necessità di prendere posizione rispetto a temi divisivi come le spese militari e il sostegno militare a Kiev, a fronte di un'America che spinge in modo sempre più aggressivo per un appeasement con Mosca.
Inoltre, nei prossimi mesi il nostro Parlamento dovrà nuovamente esaminare provvedimenti delicati come i decreti per la fornitura di armi all'Ucraina e per le missioni militari internazionali, attorno ai quali il clima politico è profondamente mutato. Per quanto riguarda Fratelli d'Italia, due giorni fa c'era stato il tentativo di cambiare, con un emendamento, il nome del piano von der Leyen da ReArm Europe a Defend Europe, per evitare che l'appoggio del partito della premier – sempre molto attenta al sentiment dell'opinione pubblica italiana, storicamente scettica quando si parla di armi – fosse inteso come un appoggio a una politica bellicista. La richiesta è stata però respinta dall'aula, ed è significativo il fatto che all'iniziativa dei meloniani si era accodato il Pd, in preda agli stessi tormenti di FdI, seppure con conseguenze più gravi negli equilibri interni del partito.
Fratelli d'Italia, in ogni caso, dopo aver votato sì all'intera risoluzione, si è astenuto sulla risoluzione sull'Ucraina, che secondo Nicola Procaccini presentava un testo più propenso «a scatenare odio verso gli Usa invece di aiutare l'Ucraina».
Nessun tentennamento, invece, dalla Lega, che ha votato no, come ampiamente annunciato nei giorni scorsi, nel contesto di un gruppo dei Patrioti da questo punto di vista monolitico: «Non condividiamo né la narrazione né tantomeno la deriva bellicista di Bruxelles», hanno scritto in una nota gli eurodeputati del Carroccio, «che vuole indebitare noi e le future generazioni per spendere oltre 800 miliardi di euro in armi, peraltro dopo anni in cui ha promosso la più rigida austerità senza ascoltare ragioni». «Oggi non sussiste alcuna emergenza», hanno aggiunto, «le truppe nemiche non sono alle porte dell'Italia e, anzi, è stato avviato dall'amministrazione Trump un processo per arrivare in breve tempo alle trattative per porre fine al conflitto: l'Europa lavori assieme agli Usa perché ai fucili si sostituisca la diplomazia. Emerge un atteggiamento Ue poco incline alla risoluzione diplomatica della guerra, ma anzi si alimenta l'escalation militare».
Aveva in precedenza rincarato la dose Matteo Salvini, per il quale è «incomprensibile indebitarsi per le armi». E proprio su questo fronte il segretario leghista ha richiamato gli sforzi che sta facendo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che ieri pomeriggio è intervenuto in aula a Montecitorio per il question time sottolineando che «per il governo italiano il finanziamento della difesa non potrà avvenire a scapito di settori fondamentali per i cittadini, quali ad esempio la sanità e i servizi pubblici».
Il capodelegazione meloniano, Carlo Fidanza, mostra ottimismo sulla stabilità della maggioranza: «Fino ad ora la Lega ha sempre votato compattamente con la maggioranza in tutti i passaggi parlamentari che hanno riguardato il sostegno e la fornitura di armi all'Ucraina». «Ci sarà un passaggio parlamentare», ha aggiunto, «la settimana prossima sulle comunicazioni prima del Consiglio Europeo: siamo certi che in quell'occasione prevarrà l'unità della nostra coalizione».
Soddisfattissima FI: per Fulvio Martusciello, capodelegazione, «il voto del Parlamento europeo a favore della difesa comune rappresenta un passo avanti verso il sogno di Silvio Berlusconi. Il nostro presidente aveva capito prima di altri quello che oggi tutti invocano: l'Europa deve avere una difesa comune. Con fermezza, senza mai sbandare, senza avere cartelli da sbandierare, inseguendo facili demagogie, ma con le nostre idee, oggi il gruppo di Forza Italia ha dato prova di grande maturità. Da partito erede delle grandi tradizioni democratiche, abbiamo votato sì alla risoluzione a favore dell'Ucraina e al Libro Bianco sulla Difesa. Da oggi», ha concluso, «gli italiani sanno ancora di più su chi fare affidamento, sempre».