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«Le regole nella casa si rispettano tutti e non si passano i prossimi quattro anni a bombardare il quartier generale con i distinguo e i “non sono d'accordo con nulla”». Matteo Renzi parla già da segretario del Pd all'Hotel Ergife, dove è in corso la Convenzione nazionale. L'ex premier chiede al partito di serrare i ranghi e di concentrare tutte le energie per battere politicamente l'avversario più temibile: il Movimento 5 Stelle. «Proviamo a immaginare il futuro», dice Renzi. «Il M5s a Ivrea ha lanciato un'opa sul futuro dell'Italia, ha raccontato l'orizzonte e se l'è intestato. Il futuro lo rivendichiamo da questa parte del campo: la sfida la accettiamo a viso aperto, non ci fanno paura, non abbiamo timidezza o disagio», assicura. Perché il Partito democratico «si differenzia dal M5s in tre punti: il primo riguarda la modalità di esercizio democratico, loro scelgono il leader attraverso la dinastia noi con il voto. Poi noi crediamo nella scienza non nella paura. E e poi c'è l'assistenzialismo contro il lavoro». Gli appelli all'unità di Renzi, però, non mettono a tacere la dialettica interna. E sull'orizzone del maggior partito italiano, Andrea Orlando incalza l'ex segretario: «Va bene Marchionne che guadagna come mille operai, ma volgiamo parlare anche con i restanti 999? Sono stato davanti ai cancelli di Mirafiori e non mi sarei sorpreso se mi avessero mandato via a calci», dice il Guardasigilli. Ma Renzi non ci sta a recitare la parte del leader distante dal popolo e ribatte al volo a Orlando: «Se non lo hanno fatto è perché in questi anni abbiamo, anche con Marchionne, salvato impianti e posti di lavoro». Poi lo scontro si sposta sul terreno della legge elettorale, col ministro della Giustizia che invoca una soluzione condivisa e l'ex premier che ricorda a tutti l'incidente «gravissimo» avvenuto in Commissione Affari costituzionali del Senato, dove il candidato dem alla presidenza è stato battuto da un alfaniano (poi espulso da Ap). «È la dimostrazione che in Parlamento, in questo momento, c'è la stessa maggioranza che ha detto No al referendum», insiste Renzi. «Quindi la responsabilità di avanzare una proposta spetta a loro». Distante, anche da un punto di vista geografico, rimane il terzo contendente, Michele Emiliano. Costretto in un letto d'ospedale da un infortunio al tnedine d'Achille, il governatore pugliese fa pesare la sua presenza-assenza quando Francesco Boccia, suo fedelissim, si rimette a un «sussulto di umanità» di Matteo Renzi e Andrea Orlando perché la fase finale del congresso sia rinviata: «Noi non chiediamo nulla, ma è evidente che già stiamo facendo un congresso abbreviato e c'è un candidato infortunato. Tra l'altro la rottura del tendine d'Achille è molto dolorosa». All'appello risponde subito Andrea Orlando che si dice «assolutamente d'accordo» con la proposta. Ma il «sussulto» auspicato da Boccia non arriva dai renziani che, con Lorenzo Guerini, fanno sapere che non c'è più tempo, «la macchina si è già messa in moto». Dal canto su, Michele Emiliano ringrazia su Facebook Orlando e aggiunge: «Non voglio assolutamente condizionare i tempi delle primarie, non ho chiesto nulla in tal senso».