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«Ma figuriamoci». È metà pomeriggio quando il segretario di Azione, Carlo Calenda, prova a buttare acqua sul fuoco di un incendio che in poche ore è divampato fino a minacciare il centro abitato del terzo polo, cioè quello dove sia Azione che Italia viva stanno cercando di insidiare le proprie colonie.
Riavvolgendo il nastro, è il presidente di Azione, Matteo Richetti, a dare il via alle danze, spiegando senza mezzi termini che «uno nella vita deve decidere se fa politica o informazione». Il riferimento è all’ultima mossa di Matteo Renzi, che tra qualche settimana prenderà le redini de Il Riformista da direttore editoriale della testata. «Quando mi telefona Renzi mi parla del partito o mi intervista per il Riformista?», si chiede Richetti. Nemmeno il tempo di lasciare la risposta ai seguaci dell’ex presidente del Consiglio, che arriva una velina anonima di un dirigente di Azione. «L’unico problema dirimente oggi per la costruzione del partito unico dei liberal-democratici è che Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali», è il ragionamento di chi definisce «inaccettabili i tatticismi durati mesi dell’ex premier». Ma «la pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita» e «in settimana si capirà se questo nodo si potrà sciogliere». Anche perché «se così non sarà il partito unico non potrà nascere».
Un vero e proprio ultimatum, al quale i renziani non possono che rispondere per le rime. «Non c’è nessun tatticismo di Italia Viva: abbiamo deciso di fare un congresso democratico in cui ci si confronti a viso aperto e non con le veline anonime - spiegano in una nota Alessia Cappello e Ciro Buonajuto, portavoce nazionali di Italia Viva - Ci sono le date già fissate, ci sono le regole decise da Calenda comprese quelle sul tesseramento, ci sono i gruppi di lavoro con i nomi già decisi, c’è il comitato politico: noi siamo pronti al congresso che Calenda ha chiesto di fare e ci mettiamo nome e cognome». Poi l’affondo. «C’è qualcuno che cambia idea una volta al giorno, ma quel qualcuno non siamo noi. Quanto a Renzi: gli è stato chiesto di fare un passo indietro, lo ha fatto. Adesso possiamo fare il congresso democratico anziché inviare veline anonime?».
Ed è proprio sul Congresso che puntano i renziani per ribaltare la frittata e incolpare il segretario di Azione, perché, spiega un parlamentare di Iv, «la verità è che Calenda ha paura di perdere il Congresso». Un’accusa rispedita al mittente dallo stesso ex ministro, che viene però assediato da un fuoco di fila da parte delle truppe di Iv. A rispondere per primo a Richetti è Ivan Scalfarotto, secondo il quale «fortunatamente con il 10 giugno parte il congresso del partito unico e tutti i dubbi saranno sciolti nel fisiologico gioco democratico».
Ancor più duro Luciano Nobili, prima parlamentare e ora consigliere regionale nel Lazio, per il quale «il problema non è se si scioglie Italia Viva, l’impressione è che si stia sciogliendo Azione per le proprie divisioni interne». E se per l’ex capogruppo in Senato di Italia viva e oggi deputato, Davide Faraone, «i tatticismi sono di Calenda e non di Renzi», per l’ex ministra e fedelissima di Renzi, Maria Elena Boschi, Italia viva «non cambia idea» sul partito unico» e lavora «in questa direzione».
A rispondere agli attacchi è lo stesso Calenda, che però non cita alcun collega ma ragiona ad ampio raggio. «Per quanto concerne Azione, la prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica utile al paese - scrive su twitter all’ora di pranzo - Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati: polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte».
E infatti nessun altro esponente di Azione risponde agli attacchi, che però continuano. E se Roberto Giachetti prova a stemperare i toni, dicendo che «chi rompe adesso, dopo le promesse che abbiamo fatto fin dalla campagna elettorale, per un progetto politico, largo, partecipato e contendibile, vince il “premio Giachetti” del 2023», scherza meno Francesco Bonifazi, “bodyguard” parlamentare di Renzi. «A differenza di quanto sussurrato da veline anonime, giova ricordare che Italia viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del terzo polo, al momento per oltre un milione e 200mila euro».
In serata Renzi, riunito con i suoi, conferma l’impegno in vista del Congresso del 10 giugno, e il riassunto del caos lo fa un alto dirigente renziano. «Il desiderio è che quella di oggi potesse essere una giornata senza rotture di scatole, ma come si sa i desideri spesso si infrangono contro la realtà - si sfoga al Dubbio - l’auspicio è che tutto possa rientrare». Come direbbe Calenda, figuriamoci.