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LaPresse
Rischiava di vedersi i riformisti bussare alla porta del Nazareno, pronti a chiedere conto di un’altra, cocente sconfitta dopo quella ligure di qualche settimana fa. Perché data per vinta da subito l’Emilia-Romagna, tutti gli occhi erano puntati sull’Umbria, dove la presidente uscente di centrodestra, Donatella Tesei, era data leggermente avanti rispetto alla sindaca di Assisi e candidata del centrosinistra, Stefania Proietti.
Elly Schlein insomma si giocava buona parte del suo futuro politico, ed ecco che il ribaltone di Proietti, con il centrosinistra che si riprende una regione storicamente “rossa” come l’Umbria, dà nuovo ossigeno al Nazareno e alla segreteria Schlein. La quale sottotraccia una sponda ai riformisti l’ha data, quando a urne ancora aperte ha risolto l’enigma Anci riuscendo a trovare un accordo sul sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, trait d’union tra Pd e M5S, ma con il suo sfidante, il primo cittadino di Torino, riformista, Stefano Lo Russo, che entra in segreteria come coordinatore dei sindaci dem.
Insomma un colpo al cerchio e uno alla botte, quello di Schlein nel governo del suo partito, che dopo le europee dimostra di funzionare anche in Emilia-Romagna e Umbria. Una vittoria, quella nel cuore verde d’Italia, giocata tutta sul tema della sanità pubblica, con picchetti davanti agli ospedali in una Regione con un’età media sempre più alta e giovani che preferiscono emigrare.
«La sanità pubblica in questa Regione è stata dilapidata a favore di quella privata», dice il senatore dem Walter Verini, umbro, negli stessi minuti in cui Schlein lascia Bologna dopo aver festeggiato De Pascale per dirigersi a Perugia, dove poche ore più tardi salirà sul palco assieme alla neopresidente Stefania Proietti.
Il Pd oggi è di certo più forte di ieri, grazie a un risultato in Emilia-Romagna sopra al 40% e in Umbria sopra al 30 per cento, in entrambi i casi largamente primo partito. E lo è anche perché dietro al Pd c’è il vuoto. In entrambe le Regioni i principali alleati, Avs e M5S, sono sotto alla doppia cifra, con i pentastellati addirittura terza forza della coalizione in Emilia-Romagna. «Il fatto che ci sia una forza egemone in una coalizione è la precondizione perché quella coalizione funzioni», spiega il politologo Alessandro Campi, sottolineando che «se ci sono due partiti simili che si fanno la guerra una coalizione difficilmente funziona».
Sul futuro del campo largo incombe tuttavia la convention del M5S di questo weekend, con il partito ormai di gran lunga sotto ai fati degli anni passati e con buona parte di esso che vorrebbe tornare al Movimento duro e puro degli inizi. Un’idea che non piace, o almeno non piaceva fino a qualche tempo fa, al leader Giuseppe Conte, che sperava di contrastare il Pd per l’egemonia nella coalizione allo scopo di tornare, un giorno a palazzo Chigi.
Ma dopo i risultati delle Europee, ai quali si aggiungono ora quelli di questa tornata di Regionali, per l'ex presidente del Consiglio è tempo di riflessione sulla necessità di contribuire al centrosinistra da una posizione si minoranza, che non sia subalternità, come fanno Fratoianni e Bonelli con il loro Avs. Difficile tuttavia prevedere se Conte, pur sempre due volte presidente del Consiglio, accetterà lo status quo.
È ipotizzabile, al contrario, che messo all’angolo il leader pentastellato decida di ribaltare il tavolo, dare il benservito a Schlein e correre per conto proprio alle prossime elezioni. Che poi è quello che va predicando da tempo il fondatore Beppe Grillo, che Conte vorrebbe far fuori dal partito attraverso l’eliminazione della figura del garante, messa ai voti dallo stesso Conte.
Da questa scelta dipenderà anche molto del futuro dei centristi, ormai ridotti al lumicino in un sistema sempre più bipolare dominato dal Pd da un lato e da FdI dall’altro. Sia in Umbria che in Emilia-Romagna la percentuale della lista centrista è stato irrisorio e non decisivo per la vittoria finale, ma se il M5S dovesse finire per abbandonare la coalizione per non farsi fagocitare dai dem ecco che il Pd potrebbe puntare a quella «apertura al centro» tanto auspicata da Matteo Renzi e Carlo Calenda. Per il momento, tuttavia, Schlein si gode la vittoria, dimostrando, almeno in Emilia-Romagna e Umbria, di poter vincere quasi da sola.