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Raggi e Nardella, sindaci in prima linea per salvare i profughi
I sindaci italiani sono pronti ad accogliere i profughi in arrivo dall’Afghanistan per salvare più persone possibile dalla furia dei talebani. Lo dice l’Anci, mettendo i Comuni a disposizione del governo per garantire protezione a tutti i civili che hanno collaborato con le nostre missioni, ma lo ribadiscono con forza maggiore Dario Nardella e soprattutto Virginia Raggi, chiedendo l’istituzione immediata di «corridoi umanitari» per accogliere le «donne», «studenti e studentesse», «bambini» e di chiunque sia «in procinto di essere rimpatriato».Così la crisi di Kabul piomba sul dibattito politico italiano col rischio, sempre in agguato, di trasformarsi nell’ennesimo sterile confronto tra “buonisti” e sovranisti, mentre migliaia di persone rischiano la pelle nel loro Paese o durante un tentativo disperato di fuga. «L’amministrazione di Roma Capitale è pronta a sostenere gli eventuali sforzi volti a istituire immediatamente corridoi umanitari. In questa emergenza Roma Capitale può fare la propria parte», scrive in una lettera indirizzata al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, la sindaca Raggi, mettendo a disposizione le strutture del Comune per l’accoglienza. «Di fronte alla drammatica emergenza umanitaria in Afghanistan, è necessaria un’azione congiunta di supporto e soccorso. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo e, come lei stesso ha dichiarato, non dobbiamo lasciare solo il popolo afghano. E importante agire velocemente, dando protezione e aiuto a chi sta fuggendo dal regime talebano», aggiunge la prima cittadina capitolina, spingendosi oltre l’appello lanciato poco prima dall’Anci, per fornire protezione ai «civili che hanno collaborato con le nostre missioni in Afghanistan». La lettera di Virginia Raggi non fa invece distinzioni tra amici degli italiani e “semplici” profughi, mostrando coraggio politico nel far propri temi spesso impopolari in piena campagna elettorale. E non a caso, forse, arrivano le alzate di scudi di Matteo Salvini, convinto che i “porti” debbano rimanere aperti solo per quelle persone che hanno collaborato col contingente italiano. «Accogliere in Italia alcune decine di persone che hanno collaborato con l’ambasciata italiana mi sembra doveroso ma non si parli di migliaia o decine di migliaia di afgani da accogliere in Italia». A replicare al segretario della Lega ci pensa allora Dario Nardella, sindaco dem di Firenze: «Firenze, città aperta, è pronta a fare la sua parte di fronte al dramma umanitario che si sta consumando in Afghanistan nella totale e colpevole indifferenza dell’occidente. Accoglieremo le donne e i profughi che riusciranno a fuggire da Kabul e dalla violenza dei talebani», scrive su Twitter il primo cittadino. «Tutti i sindaci senza distinzione politica si sono detti pronti ad accogliere donne e profughi in fuga da morte certa in Afghanistan. Ma Salvini risponde “non se ne parla”. Non permettiamo al cinismo politico di alimentare un dramma umanitario di cui anche noi siamo responsabili», aggiunge Nardella. Mentre Kabul brucia, i sindaci italiani scendono in prima linea per salvare vite umane, messe in pericolo anche dal ritiro fallimentare delle truppe occidentali. Ma qualcuno sembra non accorgersene.