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C'è molto di strumentale, come è ovvio, nell'ondata di critiche, allarmi dal rosso all'incandescente, interrogazioni, articoli e altissimi lai che hanno seguito il noto scherzetto ai danni di Giorgia Meloni. Non è che la premier abbia rivelato segreti nucleari o messo a rischio la sicurezza nazionale. Ha fatto la figura di quella che a Roma viene definita “boccalona” e non è una gran figura. Ha detto cose parzialmente diverse da quel che lei stessa e molti altri leader occidentali proclamano ufficialmente. Così qualche giornalista falso ingenuo e qualche politico vero ipocrita ha finto di scoprire solo ora che quel che i politici dicono e quel che pensano spesso non coincidono. Una scoperta rivoluzionaria.
Nel merito, del resto, Giorgia Meloni è caduta nella trappola meno di quanto in tutta evidenza il duo russo, poco importa se spalleggiato o no dai servizi segreti di Putin, si augurava. L'unica nota stridente è la consapevolezza, mai ammessa da nessun leader occidentale apertamente, che la guerra ucraina, per concludersi, richieda una trattativa tale da soddisfare entrambi i contendenti. Però ha aggiunto un «nel rispetto del diritto internazionale» che allo stesso tempo stempera l'ardita affermazione e la rende anche un pio desiderio, essendo un compito improbo immaginare una soluzione che soddisfi la Russia e rispetti in pieno il diritto internazionale.
Per il resto la sola voce davvero dal sen fuggita è la scelta di affrontare un argomento spinoso che i beffardi non avevano neppure messo in campo, il golpe in Niger e il ruolo della Francia, spingendosi sino a spiattellare la tentazione francese di un intervento, evidentemente armato, e gli sforzi degli alleati per fermare il dito di Macron già sul grilletto. Il problema però non è che la premier quella succosa notizia la abbia passata inconsapevolmente a due russi travestiti. Se all'altro capo del telefono ci fosse stato davvero un leader africano il fattaccio sarebbe stato lo stesso.
La domanda, per quanto riguarda l'abbindolata di palazzo Chigi, non è perché abbia abboccato alla beffa, come era già successo a tali e tanti celebrità da riempire l'agenda vip dell'anno. È perché si intrattenga per 13 minuti al telefono con uno sconosciuto, per quanto presunto illustre, con un leader che non conosce e del quale non sa nulla. Il problema è perché, raggiunta telefonicamente, invece di ascoltare quel che l'ignoto ha da dire, si metta a chiacchierare dissertando sull'intera agenda politica mondiale, e con dovizia di particolari.
La risposta è chiara. Credendo di parlare davvero con un africano di qualche peso, Giorgia Meloni si è buttata a pesce, mettendo da parte la più elementare cautela, nella speranza di trovare una sponda per il suo Piano Mattei. Capita che detto Piano sia in procinto di essere varato. Il Cdm lo farà sabato. La bozza conta 7 articoli, nei quali non c'è una sola riga che rimandi a qualcosa di concreto. Si enunciano gli obiettivi, quelli che la premier ha già ripetuto circa un milione di volte. Si procede a istituzionalizzare una cabina di regia, e già ce ne sono tante da comporre la funivia più lunga del mondo, e una unità di missione. Si prevede la possibilità di aggiornare periodicamente il Piano. Si stabilisce l'obbligo di una relazione annuale al Parlamento.
La sensazione, leggendo lo scarno testo della legge, è un po' vertiginosa: quella di assistere all'allestimento di un baraccone strutturato intorno al nullo, una messa in scena sfarzosa senza niente da mettere in scena. Alla premier mancano sponde da ambo i lati. In Europa tutti chiacchierano ma quando si tratta di aprire il portafogli i chiacchieroni guardano sempre da qualche altra parte. Lo dice senza perifrasi la stessa Giorgia al sedicente africano, ma non è che ce ne fosse bisogno essendo già del tutto chiaro a tutti e ciascuno.
In Africa nessuno le dà retta, non perché l'idea sia sgradita ma perché nessuno crede che la premier italiana abbia il potere necessario per andare oltre le buone intenzioni. Oggi, con 24 ore di ritardo, Chigi fornisce la sua versione, secondo la quale la furba Giorgia aveva mangiato la foglia dall'inizio. Nella migliore delle ipotesi è una tesi difficilmente credibile. Più probabilmente la disponibilità quasi petulante della Sorella d'Italia si deve alla necessità ansiosa, urgente, accecante di trovare qualcuno disposto a sostenerla non solo a parole nel suo piano. Il problema non è che è apparsa ingenua, “boccalona”, esposta a comprensibili prese in giro d'ogni tipo. Il problema è che è apparsa disperata.