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Elly Schlein durante il convegno organizzato dal Partito democratico "Lotta alle mafie e alla corruzione al centro della politica. Far vivere i valori della Costituzione", Roma, Lunedì, 24 Febbraio 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Elly Schlein during the conference organized by the Democratic party "Fight against mafias and corruption at the center of politics”, Rome, Monday, Feb. 24, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Spaccato a metà. Ne è uscito così il Partito democratico dal voto sulla risoluzione al Parlamento europeo che ha dato il via libera al piano di Difesa europeo, incluso il sostegno al ReArm Ue proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Le premesse c’erano tutte, nelle ore precedenti al voto non erano bastate tre riunioni per sciogliere i nodi interni alla delegazione dem a Bruxelles, divisa tra favorevoli, contrari e chi voleva astenersi. Quest’ultima è stata la linea imposta dalla segretaria Elly Schlein, seguita tuttavia soltanto da undici europarlamentari, mentre dieci hanno votato a favore. Il tutto tenendo conto del fatto che Marco Tarquinio, indipendente eletto nelle file del Pd, avrebbe voluto votare contro ma si è astenuto «per sostenere la posizione di Elly Schlein che altrimenti rischiava di risultare minoritaria».
Insomma una figuraccia di quelle importanti, con il partito spaccato in due e la minoranza riformista che passa al contrattacco e chiede un confronto urgente al Nazareno per dirimere le divergenze. Nello specifico, hanno votato a favore della risoluzione Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo, mentre si sono astenuti Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan e il capodelegazione Nicola Zingaretti.
Una divisione presa male da Schlein, la quale poco dopo il voto ha fatto diramare una nota dalla quale si evince tutta la propria amarezza. «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del Pd - ha spiegato Schlein - Al Parlamento si votava una risoluzione sulla difesa comune, con molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEu proposto da Ursula von der Leyen cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla: quel piano va cambiato». Per poi aggiungere che «all’Unione europea serve una svolta di integrazione politica e di investimenti comuni – per un piano industriale, sociale, ambientale, digitale e per la difesa comune, ma non solo e non a scapito del sociale e della coesione – serve aumentare capacità industriale e coordinamento, con l’orizzonte federalista di un esercito comune al servizio di una politica estera comune e di un progetto di pace». Obiettivi, conclude la segretaria, «per cui continueremo a batterci ogni giorno».
Un tentativo di gettare acqua sul fuoco che non ha ottenuto il risultato sperato, e anzi se possibile ha ancor di più esasperato gli animi nel partito. Diversi esponenti hanno infatti chiesto di aprire una discussione interna sulla politica estera. Lo hanno fatto le deputate Lia Quartapelle e Marianna Madia, i deputati Piero Fassino e Gianni Cuperlo, la senatrice Sandra Zampa. «È necessario un confronto fondato sulla consapevolezza che il posizionamento internazionale di un partito ne definisce identità, profilo e credibilità», ha spiegato Fassino, che è anche vicepresidente della Commissione Difesa della Camera. «Non penso a congressi tematici - ha aggiunto Zampa - ma a una grande iniziativa che faccia comprendere lo scenario nel quale saremo chiamati a fare scelte».
E se la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno definisce l’astensione «inaccettabile», per Gianni Cuperlo «quando il mondo cambia con tale velocità il compito di un partito di sinistra è trovare un luogo per capire come collocarsi nella storia» perché «è interesse di tutti e della segretaria che io sostengo». Ancor più dura Quartapelle, secondo la quale «Congresso o non congresso dobbiamo mostrarci all’altezza di un momento di grande cambiamento» perché «un Partito non può astenersi da questo». Un partito come il Pd, «deve dire dove sta, con chi sta e perché, argomentare e stare in dialogo con l’opinione pubblica, svolgere una funzione di leadership», aggiunge la deputata dem. «La discussione a Bruxelles non c’è stata, siamo arrivati al momento del voto senza un confronto con la segretaria e il responsabile Esteri. Il voto di oggi dimostra che non si può arrivare senza una discussione vera».
La risposta arriva dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini, oggi deputata dem e presidente del Comitato permanente di Montecitorio sui diritti umani nel mondo. «Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull’astensione che è la strada trovata dalla segretaria Schlein per tenere nella giusta considerazione le diverse posizioni del partito - ha detto - Non è il momento di alimentare divisioni, ma di sanarle scegliendo la via dell’unità». In bocca al lupo.