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«Raffaele Marra per me ha svolto un ruolo meramente compilativo nella procedura che portò alla nomina del fratello Renato. Da parte sua non ci fu alcun tipo di valutazione, perché la valutazione l’ho fatta io cosi come sono stata io a decidere». Così la sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante le dichiarazioni spontanee rese in aula nel processo di appello che la vede imputata per falso in atto pubblico in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello dell’allora capo del personale capitolino Raffaele, alla guida della Direzione Turismo. Nomina che la sindaca (assolta in primo grado perché il fatto non costituisce reato) fece sospendere e poi revocare perché ignorava che la promozione avrebbe determinato un aumento della fascia stipendiale. «Quella nomina l’ho dovuta ingoiare, non sapevo nulla di questo aumento di retribuzione, che non era riportata sul brogliaccio dell’interpello, e appena ne venni a conoscenza dai giornali mi infuriai con i più stretti collaboratori, a cominciare da Antonio De Santis, mio delegato al Personale. Del resto, per la stessa questione, oltre che per la parentela con Raffaele, avevo ritenuto inopportuno, tempo prima, che Renato Marra fosse nominato capo della polizia municipale». Entrando nel merito del capo di imputazione, la sindaca ha fornito ai giudici della corte d’appello la sua ricostruzione di quanto avvenne nell’autunno del 2016, quando fu introdotto l’interpello («procedura mai adottata prima») per ruotare e armonizzare le posizioni di ben 190 dirigenti capitolini: «Secondo la procura avrei dichiarato il falso all’allora funzionaria responsabile dell’Anticorruzione in Campidoglio per coprire una persona (Raffaele Marra, ndr) con la quale non avevo rapporti già da tempo, e soprattutto per nascondere fatti di cui non ero a conoscenza - ha esordito la sindaca, riferendosi a una riunione del 26 ottobre di quell’anno tenutasi a sua insaputa nell’ufficio dell’allora capo del Personale -. Oggettivamente, non avevo elementi per immaginare che le cose fossero andate diversamente da come sapevo». «Non mi avevano detto del cambio di fascia salariale (un aumento di circa 20mila euro all’anno, ndr)», ha spiegato ancora la sindaca rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Mario Ardigò. Anche per questo, spiega la sindaca, quando arrivò il parere negativo dell’Anac sulla quella nomina, la questione legata a Renato Marra venne revocata: «Se avessi voluto nascondere qualcosa sarei rimasta ferma sulle mie posizioni, invece non appena arrivò il parere negativo dell’Anac mi attaccai a quello per smontare la nomina di Renato Marra», ha aggiunto la prima cittadina. La sentenza del processo d’appello per la sindaca è prevista, salvo cambi di programma dell’ultima ora, per sabato 19 dicembre. La discussione, fissata per quel giorno dalla Corte d'Appello di Roma, comincerà con il sostituto procuratore generale e poi sarà la volta dei difensori della sindaca. «Oggi ho avuto modo di parlare e fornire la mia versione - ha detto Virginia Raggi, lasciando il palazzo di giustizia -. Sono molto serena e vado avanti a testa alta».