Si intensifica il pressing delle opposizioni sul governo per il caso Almasri. Nel mirino della minoranza questa volta finisce il ministro della Giustizia Carlo Nordio, oggetto di una mozione di sfiducia che sarà presentata da Pd, M5S, Avs, Iv e Più Europa «in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico»: a sfilarsi è Azione di Carlo Calenda, che bolla l’iniziativa come «controproducente».

L’informativa in Aula del Guardasigilli e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha soddisfatto le forze di centrosinistra, che rinnovano l’appello alla premier Giorgia Meloni affinché riferisca personalmente in Parlamento. Una richiesta che, almeno per adesso, continua a essere rispedita al mittente, visto che la presidente del Consiglio considera assolto il compito del governo con la relazione in Aula dei due ministri (che, come Meloni, sono iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Roma insieme al sottosegretario Alfredo Mantovano).

Ad riaccendere la miccia, alla Camera, è stato il gruppo di Avs, con Marco Grimaldi: «Che Nordio fosse un bugiardo patentato, anzi, un bugiardo senza patente e senza casco lo abbiamo visto, perché è venuto qui a schiantarsi con le sue bugie», ha sottolineato Grimaldi. «La cosa più grave è che a un certo punto mostra dei foglietti e dice, leggo il resoconto, “ho qui una tavola sinottica dove sono esplicitate tutte le differenze sui capi di imputazione tra la versione del 2018 e quella del 2024. Sono lunghe, sono prolisse, le metto a disposizione”. Noi abbiamo scoperto, per vie brevi, informalmente, che quel documento non è disponibile perché era a uso interno», ha spiegato Grimaldi.

Sulla stessa linea Federico Fornaro (Pd): «Chiedo che intanto sia verificato il fatto che il ministro non ha inviato questo documento, e questo mi sembra un dato acclarato. Se questo non avverrà, noi faremo tutti i giorni un intervento sull’ordine dei lavori perché pretendiamo rispetto del Parlamento». Anche il M5s, con Federico Cafiero de Raho, ha protestato: «Il ministro della Giustizia ha l’obbligo di rappresentare la verità».

È stato invece Davide Faraone, capogruppo di Iv, ad allargare la questione chiedendo una informativa sul fatto, riportato da alcuni quotidiani, «che il capo dell’Aise Caravelli avrebbe incontrato il premier libico e il procuratore capo libico il giorno in cui la premier Meloni faceva quel famoso video in cui raccontava di aver ricevuto l’iscrizione nel registro degli indagati». Faraone, tra l’altro, ha chiesto «alla presidenza di intervenire affinché si eviti che il ministro Nordio continui a operare con pagliacciate senza alcun rispetto nei confronti del Parlamento».

Alla richieste degli altri gruppi di opposizione si è unito Benedetto Della Vedova (+Eu), mentre Daniela Ruffini (Azione), ha sottolineato: «Il ministro ha interpretato il suo ruolo con grande imbarazzo. Deve scusarsi e deve tornare in Aula». Il presidente di turno, Giorgio Mulè, dopo un’altra serie di interventi di deputati dlel’opposizione, ha quindi chiarito: «Il Ministro ha detto che metteva a disposizione. Quindi, la presidenza immediatamente chiede a Rapporti con il Parlamento di avere la documentazione» e ha confermato «che il governo ha precisato che la documentazione richiesta costituiva, cito, un atto interno all’amministrazione». Mulè ha concluso: «Chiederemo se sono intervenute ragioni successive per cui il Ministro, dopo avere dichiarato questa disponibilità, ha ritenuto - lui o magari altri nell’ufficio di gabinetto o altri collaboratori - di non inviare».

Nessun commento trapela da via Arenula dopo la notizia della mozione anti-Nordio, ma dalla maggioranza fanno notare come «curiosamente» l’atto di sfiducia sia stata annunciato mentre il ministro è impegnato in una missione in Turchia. Autorevoli fonti di Fratelli d’Italia interpellate dall’Adnkronos la vedono così: «È un rito ridicolo e stanco quello delle opposizioni, che puntualmente chiedono le dimissioni di questo o quel ministro. Un copione - chiosano da Via della Scrofa - che si ripete dall’inizio della legislatura, ma che ogni volta si schianta contro un muro». Sulla stessa lunghezza d’onda Forza Italia: «Oggi tocca a Nordio. Le opposizioni, divise su tutto, senza un’idea comune, si compattano solo quando si tratta di chiedere le dimissioni di un ministro per effetto di un’indagine dei Pm... La scorciatoia giudiziaria come linea politica», commenta il deputato Enrico Costa.

Ma dopo giorni di alta tensione con la Corte penale internazionale e con la magistratura, il governo ora prova a stemperare i toni con il mondo delle toghe. Lo dimostra, da una parte, la richiesta della Giustizia italiana all’Aia di avviare delle consultazioni funzionali a una comune riflessione sulle criticità che hanno connotato il caso Almasri, al fine di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe; dall’altra, l’auspicio per il ritorno a un «sano confronto» espresso da Meloni dopo l’elezione di Cesare Parodi come nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati.

La premier ha accolto con favore la richiesta di un incontro col governo avanzata dal successore di Giuseppe Santalucia, ma difficilmente il faccia a faccia potrà avvenire questa settimana - anche se c’è chi non esclude questa eventualità. Il ministro Nordio tornerà a Roma solo venerdì e un eventuale incontro tra il nuovo numero uno dell’Anm e la presidente del Consiglio, prima di aver visto il guardasigilli, verrebbe considerato un passaggio «irrituale». E anche dal vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani arriva un’apertura al confronto: «Ho apprezzato le parole del nuovo presidente dell’Anm, io credo che la volontà di dialogo debba essere accolta».

I riflettori sono intanto puntati sulla riforma della giustizia, che per Forza Italia rappresenta una «assoluta priorità». Gli azzurri vorrebbero che il provvedimento costituzionale, all’esame del Senato, fosse approvato così com’è stato licenziato dalla Camera. «Tutto si può discutere - dice il capogruppo di Fi al Senato Maurizio Gasparri - ma il punto è l’estrazione a sorte del Csm per i togati insieme alla separazione delle carriere. Per attuare il principio del giusto processo davanti a un giudice terzo già stabilito dalla Costituzione». Fratelli d’Italia invece non chiude a possibili modifiche.

Per via Arenula, sottolineano fonti governative all’Adnkronos, la cornice di riferimento della riforma «è blindata»: tuttavia, viene spiegato, sarà necessario mettere in atto leggi attuative per definire nel concreto molti aspetti. E su diverse questioni ci sarà bisogno di un confronto con la magistratura. Proprio per questo, spiegano le stesse fonti, occorre «un appeasement» con l’Anm di Parodi. Tra i punti della riforma suscettibili di modifiche dovrebbero esserci il tema delle quote rosa per il Csm e il meccanismo di scelta dei giudici nel sorteggio: potrebbero essere le stesse toghe a indicare il «paniere» di riferimento. A fari spenti il governo continua a lavorare anche al nuovo decreto Albania per garantire - come promesso da Meloni - il pieno funzionamento dei centri costruiti nel Paese balcanico dopo il terzo no della magistratura al trattenimento nei migranti in quelle strutture. I tecnici di Palazzo Chigi e del Viminale dovrebbero partorire un testo che miri a convertire i due hotspot da centri di prima accoglienza in Cpr deputati a ricevere migranti irregolari già presenti in Italia e destinatari di un decreto di espulsione. Il nuovo dl non dovrebbe rendere necessaria una revisione del protocollo siglato con Edi Rama.