Habemus testo. La riforma costituzionale fortemente volutala tutto il centrodestra e nelle mani della ministra per le Riforme, Maria Elisabetta Alberti Casellati, approda oggi in Consiglio dei ministri dopo un lungo lavorio di taglia e cuci messo in atto nelle ultime settimane per soddisfare i desiderata di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.

L’obiettivo ultimo, come spiega la nota di palazzo Chigi di convocazione del Cd, è «l’introduzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri» e la «razionalizzazione del rapporto di fiducia» tra governo e Parlamento. C’è dunque il premierato, c’è la norma cosiddetta “antiribaltoni” e c’è l’abolizione dei senatori e a vita, oltre a un premio di maggioranza del 55 per cento alla coalizione vincente. Ma andiamo con ordine.

Si parte proprio dall’abolizione dei senatori a vita, istituto che, da Rita Levi Montalcini a Gianni Agnelli, da Renzo Piano a Liliana Segre, ha fatto solcare il Parlamento a figure di spicco della società civile. All’articolo 1, il disegno di legge costituzionale introduce la «modifica dell'articolo 59 della Costituzione» attraverso «l’abrogazione del secondo comma» della Carta. Cioè quello secondo il quale, attualmente, «il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario», posto che «il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque». Restano invece senatori a vita gli ex presidenti della Repubblica, e dunque lo diventerà Sergio Mattarella al termine del suo mandato.

Un’altra novità è l’esclusione della possibilità per il presidente della Repubblica di sciogliere una sola delle due Camere. L’articolo 2 del disegno di legge Casellati modifica infatti l’articolo 88 della Costituzione, sopprimendo le parole «o anche una sola di esse». Ad oggi, l’articolo 88 stabilisce che «il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse» e che «non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura».

E si arriva così all’articolo 3, quello più desiderato dalla stessa inquilina di palazzo Chigi, Giorgia Meloni, e dall’intero centrodestra. «Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto, in unico turno, per la durata di cinque anni - si legge nel testo - Le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale».

In questo caso si modifica dunque l’articolo 92 della Carta, introducendo inoltre il premio di maggioranza. «La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale - si legge ancora - garantisca ai candidati e alle liste collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere».

L’attuale nomina del presidente del Consiglio da parte del capo dello Stato diventa un “conferimento”. «Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i Ministri», spiega il testo. Nella riforma è presente anche la norma “antiribaltone”, tanto voluta dalla Lega di Matteo Salvini e che non convince del tutto Fratelli d’Italia, come esplicitato giorni fa, a titolo personale, dal presidente del Senato, Ignazio La Russa. In caso di “caduta” del premier eletto dal popolo, il testo prevede la possibilità di riprovare a ricostruire la maggioranza o con lo stesso premier o comunque con un altro esponente della stessa maggioranza scelta dai cittadini con il voto. Se il tentativo fallisce, e solo in questo caso, si ritorna alle urne.

Tutti contenti, dunque, almeno in maggioranza, mentre dalle opposizioni si levano voci di forti critica. Di «progetto anomalo» parla il dem Dario Parrini, mentre perr Riccardo Magi di + Europa «la destra di governo sta inseguendo i suoi feticci e le sue ossessioni». Resta da capire la scelta di Matteo Renzi. «Se ci sarà un sistema simile al Sindaco d’Italia noi voteremo sì, ma spero che la maggioranza non faccia pasticci ingarbugliando una riforma che è semplice», ha scritto ieri il leader di Iv, chiedendosi poi se la priorità sia «mandare a casa Liliana Segre per tenere Claudio Lotito».