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Non è facile ricordare un uomo come Pierre Carniti, personalità complessa e schietta. Sicuramente ha rappresentato il meglio della cultura sindacale: di un sindacato riformista, autonomo e determinato. Ci ha insegnato che non si diventa riformisti perché si pensa che si viva nel migliore dei mondi e che sia sufficiente gestire il presente perché le cose possano cambiare, per Carniti si doveva essere sindacalisti e riformisti perché si pensa e si agisce sempre per combattere le ingiustizie e le subordinazioni. Il suo è stato un riformismo totale perché non si può attendere che le cose migliorino da sole e che bastino alcuni slogan o perché si attende un evento che con il suo apparire cambi la situazione.
Ci ha messo nel cuore una impazienza che ha determinato la nostra gioventù e che ha continuato a provocare i nostri pensieri e il nostro agire negli anni.
Per Carniti fare sindacato non era solo agire e rivendicare riforme, negoziare compromessi proficui o rifiutarne altri, ma vivere la quotidianità costantemente tesi a creare le condizioni perché tutto l’agire serva un’idea di uguaglianza, giustizia e la solidarietà, in modo che il concetto di emancipazione non sia una parola vuota ma che abbia sempre un lungo futuro davanti a sé.
Persona dolce, veemente e forte ha sempre contrastato ogni manipolazione dell’opinione pubblica, né ha mai prestato il fianco alla demagogia populista che di tanto in tanto si manifestava anche dentro il sindacato. Pierre aveva un temperamento forte che a volte appariva scontroso, ma nella realtà e nei rapporti umani era gentile e sapeva essere comprensivo e combattivo. Ha rappresentato con chiarezza il senso e il valore della militanza sindacale che difende i lavoratori fino al conflitto mentre privilegia il negoziato e la contrattazione. Tra i Segretari della Cisl è stato sicuramente il più apprezzato dagli attivisti.
Aver militato nella Cisl guidata da Carniti ha, per un’intera generazione di sindacalisti, significato condividere i valori di un grande leader sindacale che amava combattere, ma che non si rifiutava all’esercizio del pensiero e della riflessione culturale e politica. Recentemente, di fronte alle emersioni populiste, ha colto l’occasione per inviare una lettera agli attuali dirigenti sindacali invitandoli a puntare con forza su un processo di autoriforma e sull’unità sindacale, come unica possibilità per non lasciare erodere la credibilità dal populismo e dai facili proclami, ma nel contempo a mantenere alti i riferimenti etici e valorali, il cui declinare non giova alla credibilità sindacale.
Se Cgil, Cisl e Uil, sollecitava Carniti, “intendono invertire la pericolosa frammentazione in atto, debbono fare scelte chiare ed assumere comportamenti coerenti. Ad iniziare da sé stesse. Per dirla in termini chiari la propensione alla dispersione ed alla frammentazione si combatte, innanzi tutto, con l’esempio di un impegno unitario”, superando le diversità anche culturali. L’invito avanzato da Carniti e che considero il suo testamento ideale è la ripresa di una forte iniziativa sindacale per “ridare al mondo del lavoro un progetto ed una speranza credibili”.
Ecco perché in questo giorno di dolore vogliamo ricordare l’amico, il maestro e il compagno di tante lotte sociali e civili, come uomo della speranza.