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Italy's Prime Minister Giorgia Meloni speaks with the media as she arrives for an EU Summit at the Puskas Arena in Budapest, Hungary, Friday, Nov. 8, 2024. (AP Photo/Petr David Josek)
Si è concluso in settimana, per Giorgia Meloni, una sorta di “giro del mondo in una settimana”, nel corso del quale la presidente del Consiglio ha incontrato in sequenza alcuni dei protagonisti della scena politica mondiale. Giorni che hanno rafforzato di certo il suo profilo internazionale, e non a caso proprio nel pieno di questi incontri Meloni ha incassato il riconoscimento della testata statunitense “Politico” come persona più influente d'Europa ( anche se le motivazioni contenevano giudizi non completamente lusinghieri) ma che, allo stesso tempo, sembrano iniziare a creare una divaricazione tra lo standing estero e quello domestico della premier.
Partendo dal versante che arride all'inquilina di Palazzo Chigi, c'è da dire che meglio di così non poteva andare: sette giorni fa, a margine della riapertura solenne della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, il bilaterale improvvisato col presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha evidenziato un feeling tra i due che prelude al ruolo di interlocutore privilegiato nell'Unione europea, da parte della premier italiana, per la futura amministrazione Usa. A seguire, c'è stato l'incontro col leader ungherese e capofila dei sovranisti Ue Viktor Orbàn, in cui quest'ultimo è andato in soccorso di Meloni sul fronte della lotta all'immigrazione illegale, difendendo l'accordo con l'Albania per il trattenimento dei migranti nei centri allestiti nel paese balcanico e rinsaldando l'amicizia tra i due, a dispetto del fatto che ora militano in due famiglie politiche contrapposte. Mentre la presidente del Consiglio rafforzava il proprio ruolo di cerniera tra la maggioranza e l'opposizione continentale, in Francia si consumava l'ennesima crisi politica degli ultimi giorni, che ha ulteriormente indebolito il principale avversario di Meloni sulla scena europea, e cioè Emmanuel Macron.
Poi, la tela di rapporti della leader di FdI e del governo si è ulteriormente ramificata con gli incontri delle ultime ore con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, col nuovo faccia a faccia col presidente argentino Javier Milei e col colloquio col premier libanese Najib Mikati, quest'ultimo previsto per oggi pomeriggio,
senza dimenticare l'incontro col Re di Spagna Filippo VI.
A una situazione oggettivamente invidiabile per le altre cancellerie europee, fanno da contraltare alcune fibrillazioni e dei fatti che potrebbero minare quella stabilità politica che tutti gli osservatori hanno indicato come il punto di forza attuale dell'Italia sul proscenio Ue.
Il più pericoloso è certamente quello dell'autonomia, una legge su cui con ogni probabilità ( manca il via libera dela Consulta) gli elettori saranno chiamati a esprimersi con un referendum fortemente voluto dalle opposizioni, di fronte al quale l'ipotesi di una clamorosa spaccatura in maggioranza non è peregrina, vista l'aperta ostilità al provvedimento dell'ala meridionale di Forza Italia. Meloni dovrà scegliere se avallare la aggressiva campagna astensionistica della Lega, intenta a difendere la sua legge- feticcio, o derogare alla linea storica di Fratelli d'Italia, favorevole alle espressioni di democrazia diretta. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha già fatto sapere che andrà votare ( anche in virtù del suo ruolo istituzionale), ma in ogni caso la questione pone un dilemma dentro al partito della premier, dove di certo non mancano gli scettici sull'Autonomia, pur se mimetizzati rispetto a Forza Italia. Il pericolo, vista l'attuale conformazione delle forze di opposizione, per la coesione del centrodestra non può che arrivare dal fronte interno, ma l'ok dato dalla Cassazione anche ai quesiti sulla cittadinanza e il jobs act potrebbero dare la stura ad una primavera di mobilitazione per tutti i soggetti politici e sociali che osteggiano il governo, e ridare fiato così all'opposizione.