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«Alla fine dell’anno scorso nel Movimento 5 Stelle c’è stato un golpe. Ad averlo fatto è stato Di Maio, con il tacito consenso di Grillo». Docente di Filosofia del diritto all’Università di Genova, Paolo Becchi era considerato l’ideologo politico dei pentastellati. Almeno fino al 2015, quando arrivò la clamorosa rottura. «Possibile che voi giornalisti fate le pulci a Spelacchio, e del golpe non vi siete accorti?», trasecola il professore. È come la lettera di Poe, professore. Nessuno la trova perché è in bella vista sulla scrivania. Ci aiuti lei. Alla fine di dicembre è nato un terzo Movimento 5 Stelle, che si presenta alle elezioni con un nuovo regolamento e un nuovo statuto calato dall’alto senza consultare gli iscritti all’altro Movimento 5 Stelle. Aspetti, o ci viene il mal di testa. Il Movimento è uno e trino come lo Spirito Santo? Ci faccia un disegnino. È un gioco di scatole cinesi. L’associazione originaria è il MoVimento 5 Stelle fondato nel 2009, di cui Grillo è capo politico. Alla fine del 2012 è nata la seconda associazione, Movimento 5 Stelle, di cui Grillo è presidente. Sì, fin qua ci erano arrivati anche i grillini. Torniamo al golpe. Da presidente del M5s numero due, Grillo ha ceduto nome e simbolo al M5s numero tre nato tra Natale e capodanno - di cui è Garante - al capo politico Di Maio. Probabilmente in conflitto di interessi, e senza consultare gli iscritti. Chiaro il golpe? Di Maio si è fatto il suo partito, verticistico e assoluto, che con il M5s non c’entra più niente. Posso andare avanti, o vuole interrompere ancora? Era per i lettori. Ma faccia finta che non ci sono, prego. La bomba è già scoppiata. Quaranta iscritti al M5s del 2009 non vogliono andare nel Movimento numero 3 e hanno fatto ricorso, perché questo nuovo partito si è preso il simbolo ma con il M5s delle origini non c’entra nulla. Il 12 gennaio, il Tribunale di Genova ha riconosciuto le richieste dei militanti ricorrenti, e ha nominato un curatore speciale, l’avvocato Luigi Cocchi. Le ho dato una notizia. Veda di non pubblicarla tra un mese magari, invece di pensare a Spelacchio. Pace all’anima sua. Ma non è che Grillo si è defilato perché di queste scatole ne ha piene le scatole pure lui? Lo avevo scritto due anni fa nel mio libro Cinquestelle & Associati. Il sottotitolo era “Il Movimento dopo Grillo”. Beppe voleva fare un passo indietro da tempo. Da quando la malattia di Gianroberto Casaleggio si era aggravata, il figlio Davide aveva assunto maggiore peso. E poi Beppe si è rotto di gestire cause, querele e ricorsi degli iscritti. È un comico, non un burocrate. Vuole tornare a essere libero. È per questo che Grillo si è fatto un blog tutto suo? Prima era tutto diverso. Gianroberto e Beppe stavano due o tre ore al telefono sin dalla prima mattina. Si confrontavano, decidevano gli argomenti. È così che nascevano ogni giorno i post del sito di Beppe: argomenti innovativi e originali, in cui si sentiva il tratto visionario di Casaleggio padre. Gianroberto era la mente, Beppe il megafono. Ma quei tempi sono finiti e lui lo sa bene: ha capito che non può essere lui il regista del M5s. Lui è solo un grande showman. Che cosa ha provocato tanta delusione? Faccio un piccolo esempio. Gianroberto voleva che la casa del M5s fosse la rete: nessuno doveva mettere piede nei talk show, ricordate? Io stesso andai via per una lite. Casaleggio mi chiamò infuriato perché avevo difeso il Movimento in tivù nella trasmissione che osteggiava di più: “Piazza Pulita”. E invece come è andata a finire? Di Maio, Di Battista e gli altri sono sempre in televisione da tempo. Un giorno sì e l’altro pure. Da Formigli. Ma a parte i talk, Grillo gradisce la nuova linea o no? Arrivati in Parlamento, i grillini sognavano grandi cose. Ma dopo cinque anni di legislatura che cosa hanno ottenuto, se non il testamento biologico? Niente di niente. Volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ma sono finiti come tonni inscatolati. Scusi, ora sono il primo partito. Perché lasciare ora? Beppe ha capito che quest’avventura non porterà niente, e che potrebbe finire presto. Sono stati cinque anni all’opposizione senza risultati. E con la legge elettorale che c’è, Beppe sa che i grillini non governeranno neanche nei prossimi cinque anni. Dieci anni in Parlamento senza contare niente, la Sicilia persa di colpo, il nuovo partito di Di Maio che ha fatto il golpe. È troppo tempo, perché la bolla del Movimento non rischi di scoppiare. Ne hanno fatte di ogni. Ad esempio? Grazie al Tedeschellum, Di Maio sarebbe stato il premier del prossimo governo. E invece i parlamentari pentastellati che fanno? Fanno saltare la legge, e poi le altre forze politiche approvano il Rosatellum che li costringerà a stare all’opposizione. Pura incompetenza politica. Come avrebbe potuto accettare, Grillo, un autogol del genere?. Che differenza c’era tra Casaleggio padre e figlio? Gianroberto era un visionario. Poteva avere idee più o meno discutibili. Ma era un genio. Davide invece è un tecnico informatico. Non so neppure quanto bravo, dati i problemi di Rousseau. Ma io non sono un tecnico, è solo un’impressione. Ma è vero che Casaleggio senior scelse Di Maio come futuro leader attraverso un algoritmo? Ma lei la mena ancora con queste baggianate? Anni fa, Gianroberto organizzò degli incontri con alcuni grillini che gli sembravano promettenti, e gli fece delle lezioni per insegnargli a comunicare bene. Di Maio gli sembrò il più brillante: buona comunicazione ma anche autonomia mentale. Pensa tu gli altri. E Di Battista passò il provino? Di Battista era una macchina. Un personaggio costruito in vitro dalla Casaleggio associati. Non aveva una sua autonomia di pensiero. Era eterodiretto. Ecco perché ora che Gianroberto non c’è più, si è ritirato. Nulla di personale contro di lui, naturalmente. Il mio è un giudizio politico. Eppure Dibba è stata una delle new entry più apprezzate nel 2013. Ci racconta come andò quella campagna elettorale? Casaleggio padre aveva pianificato tutto nei minimi dettagli. All’inizio dello Tsunami tour non pensava di vincere. Poi cominciò a capire che la cosa lievitava. Referendum senza quorum, leggi di iniziativa popolare. Tv italiane e straniere erano piene di video e servizi. Capì che poteva vincere. E avrebbe vinto, non fosse stato per il Porcellum. Nell’ultimo giorno del tour, a piazza San Giovanni, fu incredibile. Un milione di persone. Una cosa mai vista: sembrava che stesse per nascere una nuova Italia, dove a comandare erano i cittadini. Sì, certo. Qual è la vera storia di Raggi candidata sindaco? È stata un’idea che Gianroberto ebbe quando ormai era forse diventato meno lucido a causa della malattia. Ha puntato su un manichino – anche in questo caso è un giudizio politico -- perché aveva il progetto di poter governare Roma dalla sede della Casaleggio associati. Ma la cosa non ha funzionato per un semplice motivo. Nessuno, nemmeno un genio come lui, avrebbe potuto prevedere tutte le cose che sono capitate al sindaco da quando è stata eletta. Voglio essere buono: i suoi inizi in Campidoglio non sono stati brillanti. È vero che lei si è avvicinato alla Lega? Ma non si rende conto che ha finito lo spazio da un pezzo? Quella è un’altra intervista. Saluti.