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Dieci punti programmatici, al centro dei quali c’è la giustizia: Luca Palamara è pronto ad annunciare la sua candidatura alle elezioni politiche del 25 settembre, con la sua creatura politica che verrà battezzata questa mattina alle 11, all’Hotel Baglioni, in via Veneto, a Roma. E non a caso il nome richiama tutte le vicende che lo hanno visto protagonista e che hanno sconvolto la magistratura negli ultimi tre anni: “Oltre il sistema”, l’associazione che fa capo all’ex capo dell’Anm, «determinatissimo sulla giustizia a non lasciare cadere la palla a terra», si legge in una nota. «Una battaglia di verità e giustizia - prosegue la nota - che nasce da una forte esperienza personale, dalla quale è scaturita una altrettanto forte reazione di impegno civico. Una battaglia per combattere dall’interno i meccanismi di un sistema di nomina all’interno della magistratura che favoriva carrierismi e appartenenze di corrente e non i curricula migliori. Da lì l’orizzonte è diventato più vasto». Insomma, dopo aver tentato l’avventura delle suppletive a Roma ad ottobre scorso, adesso il percorso dell’ex zar delle nomine sembra più definito. Il primo punto del suo programma, che ammicca a destra, riguarda i rapporti tra toghe e politica, che necessitano di «una riforma “shock” anche a livello costituzionale». Una riforma che «rimetta in discussione il ruolo e la presenza dei laici nel Csm; introduca il sorteggio temperato per l’elezione dei togati, preveda una sezione disciplinare sul modello del Tribunale dei ministri; introduca una effettiva separazione delle carriere». Ma non solo: il programma prevede anche, tra le altre cose, la presenza degli avvocati nei consigli giudiziari, come già prevede la riforma Cartabia. Il secondo punto riguarda l’uso politico dei processi, di cui l’ex pm ha ampiamente parlato nei suoi libri, in particolare in merito alle vicende giudiziarie che hanno interessato Silvio Berlusconi. E la giustizia, secondo Palamara, non dovrà più essere uno strumento «per eliminare questo o quel nemico politico». Il che si traduce con l’intenzione di ripristinare l’autorizzazione a procedere, la cancellazione della legge Severino, a tutela del principio costituzionale dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Ma da rivedere non ci sono solo i rapporti con la giustizia. Anche l’informazione gioca il suo ruolo, come evidente dalle fughe di notizie “pilotate” per cambiare carriere politiche ma anche i destini della magistratura. L’intenzione è quella di dire basta alla gogna e tagliare il cordone ombelicale tra le redazioni e le procure. «Abbiamo bisogno di giornalisti che raccontano il lavoro del magistrato perché la criminalità si combatte anche informando con onestà l’opinione pubblica in modo che si rafforzi una coscienza civile», afferma Palamara. Quindi niente più rapporti privilegiati, copia e incolla selvaggio delle ordinanze, individuando nella fase delle indagini preliminari «un momento in cui gli atti possano diventare ostensibili anche ai giornalisti senza pregiudicare il buon esito delle indagini». C’è poi il rapporto con l’economia. E qui i fari si accendono sulla giustizia civile, che condiziona gli investimenti stranieri. «Il processo civile deve tornare ad essere il luogo nel quale si regolano i fatti provati dai contendenti e non una inutile palestra di sterili discussioni giuridiche», questa l’idea di Palamara. Che vuole un processo più breve, regole più chiare e meno articolate. Un altro capitolo è occupato dalla giustizia sociale e dal diritto di difesa. Il che vuol dire che la possibilità di far valere i propri diritti non può essere appannaggio dei soli ricchi: «Occorrono effettive garanzie di difesa per tutti - si legge nel programma -, riproponendo con forza il potenziamento della difesa di ufficio e l'accesso al patrocinio gratuito». Inoltre, in linea con i quesiti referendari, l’ex zar delle nomine vuole limitare l’utilizzo della custodia cautelare, diventata una «anticipazione della pena». Ma l’intenzione è anche quella di riformare la pubblica amministrazione, semplificando, tra le altre cose, i procedimenti amministrativi «in chiave di salvaguardia dei diritti dei cittadini e delle imprese» e aumentando la retribuzione dei dipendenti non dirigenziali; e di garantire maggiore sicurezza sul territorio - una «priorità» -, destinando maggiori risorse alle forze dell’ordine, con uomini, mezzi ed equipaggiamenti e leggi migliori per garantire «la certezza della pena». E ciò implica una rimodulazione della «scriminante dell’adempimento del dovere, in modo da trovare un equilibrio che tuteli il legittimo svolgimento dei poteri autoritativi di pubblica sicurezza». C’è spazio anche per l’ambiente, attraverso la realizzazione della transizione ecologica e la ripartizione dei fondi del Recovery per promuovere iniziative che garantiscano il riequilibrio di equità ambientale; e i giovani, garantendo un esame di abilitazione all’esercizio della professione forense rapido, trasparente ma altamente selettivo, ma anche più occasioni per le micro e le piccole imprese. L’ultimo capitolo riguarda il Pnrr: «La necessità di avere Tribunali moderni ed efficienti impone anche un serio e costante monitoraggio sul conseguimento degli obiettivi» del Piano nazionale di ripresa e resilienza, «per valutare ulteriore investimento sull’ufficio per il processo; chiarezza normativa e contrattuale per le figure professionali di ausilio al giudice per evitare precariati senza fine; non abdicare alla funzione formativa negli uffici proponendo il tirocinio con borse di studio».