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«Attacchi speculativi in caso di vittoria del No al referendum? Mi sembra uno scenario da escludere». Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si tiene al largo da ogni polemica e seppur schierato per il Sì, tende a minimizzare gli effetti del No sul cosiddetto "sistema-paese". Insomma, Padoan ridimensiona gli allarmi della finanza e dell'economia mondiale - The Economist escluso - che da settimane preannunciano l'apocalisse.«Quello che osserviamo - ha infatti spiegato ieri Padoan - è che i mercati finanziari sono in attesa con un minimo di apprensione su una cosa molto semplice, se in Italia continuerà o meno la politica riformatrice. I mercati vogliono continuare a credere nell'Italia e proseguire questa esperienza». Esperienza che, a ben vedere, potrebbe continuare anche senza Renzi, magari con un Padoan al suo posto. Cosa che il diretto interessato, ieri, non ha smentito del tutto. «Io ho accettato il compito che mi è stato chiesto con grande senso di onore, dipenderà dal nuovo governo, se ce ne sarà uno, ma io non credo, decidere la sua composizione». E poi: «Se vince il no, cosa che io non credo spetterà al Presidente della Repubblica decidere quali sono i passi successivi», ha aggiunto Padoan.Ma di una cosa Padoan è certo: «Sia che vinca il Sì sia che vinca il No al referendum costituzionale non ci saranno impatti sulla manovra di bilancio che verrà approvata entro l'anno».Il ministro Padoan è intervenuto anche sulla vicenda Economist, il settimanale della City che ieri l'altro si è schierato decisamente per il No: «Sono in totale disaccordo con l'Economist sia sul giudizio che dà sulle riforme istituzionali sia sul ruolo del governo tecnico, quello che serve al Paese è un governo politico che continui a fare le riforme, cioè questo governo», ha spiegato Padoan.E sulla posizione dell'Economist è intervenuta mezza politica Italiana. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti è convinto che l'endorsement pro No, sia dovuto alla volontà «dei poteri forti britannici che temono un'Italia e un'Europa forte che potrebbe attrarre attività che attualmente sono nel Regno Unito. Ai signori della City - ha detto De Vincenti - fa comodo un'Italia debole» ma con il Governo Renzi«non si sorride più dell'Italia».Sulla stessa linea Enrico Zanetti, segretario politico di Scelta Civica e viceministro all'Economia: «Non mi stupisce la posizione dell'Economist sul referendum costituzionale. Dalla Brexit in avanti, i poteri finanziari londinesi devono necessariamente puntare a mettere in difficoltà le economie e le piazze finanziarie più forti dell'area Euro, altrimenti in difficoltà enorme ci finiranno molto presto loro. Penso però sia chiaro a tutti. Nessuno ci caschi».Secondo Delrio, invece, la bocciatura della riforma costituzionale arrivata dall'Economist «mostra che non stiamo con i poteri forti. Fare il maestro in casa d'altri è sbagliato, nel Regno Unito con un governo tecnico farebbero la rivoluzione».Ma a quanto pare la scelta di Economist di schierarsi per il No è stata più sofferta di quanto sembri. Nel numero speciale andato in edicola ieri, il settimanale economico inglese si schiera infatti per il Sì.Nell'articolo pubblicato sul numero speciale e firmato da John Hooper, da molti anni corrispondente da Roma dell'Economist, si spiega che le riforme di Renzi «mirano a rendere l'Italia un paese più governabile. Con un voto Sì, l'Italia comincerà il 2017 con una possibilità di lasciarsi alle spalle il suo primato di governi instabili e leggi inefficaci. Con un No, si troverà a confrontarsi con uno scenario deprimente e familiare di instabilità politica e forse anche economica». Insomma, una posizione chiara e netta a favore del Sì.In ogni caso le prese di posizione del giornale inglese sono riuscite nel miracolo di ricompattare il conflittuale mondo politico italiano: «Per l'Italia votano gli italiani, non me ne frega nulla del giudizio dell'Economist», ha liquidato Salvini.