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Misurare la corruzione. Senza effetti distorsivi, cioè paradossali, al punto che Paesi come l’Italia, impegnati e attrezzatissimi nel contrasto del malaffare, proprio per questo scivolano in fondo alle classifiche internazionali. Con conseguenze gravi sulla capacità di attrarre investimenti. Ecco, l’obiettivo di Carlo Nordio alla decima Conferenza anticorruzione dell’Onu (“Cosp 10”), in corso da martedì ad Atlanta, potrebbe essere sintetizzato come sopra. Ed è un traguardo che il governo di Roma vede finalmente a portata di mano, dopo anni di sforzi per uscire dalla logica fuorviante di Transparency, la più nota fra le agenzie che stilano ranking ispirati alla percezione dei cittadini. Due giorni fa il guardasigilli italiano ha registrato una convergenza ampia, tra gli Stati aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite contro la corruzione, sul nuovo corso da intraprendere: basta indici “percettivi”, che si impennano proprio nei Paesi dove il contrasto è più intenso e suscitano così, tra i cittadini intervistati da Transparency, l’impressione di un contesto pubblico particolarmente “infetto”.
D’ora in poi saranno promossi e incoraggiati gli indicatori “giurimetrici”, a cominciare dalla valorizzazione, in positivo, dell’intensità nell’azione penale. Il tutto in una prospettiva meno ambigua e più costruttiva: capire quali sono gli strumenti normativi, culturali e politici migliori per spazzar via le pratiche illecite dalle amministrazioni pubbliche e, in generale, da un sistema- Paese. Davvero l’obiettivo è vicino: martedì Nordio lo ha spiegato nel proprio intervento al “side event”, cioè il tavolo specificamente dedicato al tema “Misurare la corruzione per attivare risposte e valutarne l’impatto”.
Un focus a cui hanno preso parte i rappresentanti di diversi Paesi e la direttrice esecutiva dell’Unodc ( Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine), l’egiziana Ghada Waly. Il ministro della Giustizia italiano ha annunciato che già nelle prossime ore – la Conferenza di Atlanta si chiuderà domani – la task force dell’Unodc illustrerà il proprio “Statistical framework”, cioè la ricerca avviata per individuare strumenti nuovi nella misurazione delle attività illecite. «Una guida eccellente», ha detto Nordio, «per raggiungere una maggiore attendibilità e utilità» nell’elaborazione dei dati in questo campo. E appunto, non si tratterà più di «stilare classifiche degli Stati o comparare i livelli di corruzione tra Paesi», ma di «acquisire una conoscenza migliore e affidabile e una comprensione, basata sull’evidenza, dei fenomeni corruttivi e delle relative tendenze».
Si tratta di un approdo pazientemente costruito dal governo di Roma già a partire dagli anni scorsi, e in particolare dalla Conferenza anticorruzione tenuta dall’Onu a Abu Dhabi nel 2019 quando, ha ricordato sempre Nordio, «l’Italia presentò una risoluzione che mirava a promuovere lo sviluppo» di indicatori oggettivi. Si trattò di un «primo passo avanti»: l’Italia invitò l’Unodc a considerare piuttosto «la risposta della giustizia penale ai reati di tipo corruttivo». Quella linea tracciata negli Emirati arriva a compimento nella Conferenza di Atlanta.
Un successo “politico” dietro cui c’è anche l’instancabile lavoro di ricerca preparato da un magistrato e studioso del fenomeno come Giovanni Tartaglia Polcini, consigliere giuridico alla Farnesina che Nordio ha voluto con sé nella delegazione italiana all’evento Onu di questi giorni. «Intanto va rilevato con soddisfazione il sempre più esplicito apprezzamento riscosso, a livello globale, da istituti giuridici di matrice italiana», spiega, interpellato dal Dubbio, Tartaglia Polcini. «È il caso degli strumenti per contrastare il saccheggio di beni culturali (questione a cui è stato riservato, nell’ambito della Conferenza di Atlanta, un altro evento specifico che ha visto la partecipazione di Nordio, ndr), del contrasto patrimoniale alla crimine organizzato, attuato per esempio con le confische, o degli incroci fra organizzazioni mafiose e pratiche corruttive».
È in questo quadro che ora si fa strada anche la critica “ontologica” avanzata dall’Italia rispetto ai metodi fin qui adottati, nel misurare la corruzione, da agenzie come Transparency. Calcoli basati, appunto, «sulla mera percezione diffusa tra i cittadini, con conseguenze però concrete, e gravi, sull’immagine di alcuni Paesi». E dell’Italia in particolare: è il “Paradosso di Trocadero”, concetto sul quale Tartaglia Polcini insiste, nelle proprie riflessioni, da anni, e che, come ricordato più volte su queste pagine, ha trovato ascolto innanzitutto presso l’Eurispes, l’istituto di ricerca del quale Tartaglia Polcini è tuttora consulente.
Il consigliere della Farnesina e il presidente di Eurispes Gian Maria Fara si sono trovati a lungo in un’assoluta e coraggiosa solitudine ad additare quella che il magistrato e studioso definisce «la verità rovesciata per cui se un sistema, come la giustizia italiana, contrasta con maggiore vigore il malaffare, si produce inevitabilmente un più netto riflesso percettivo nella società. E se poi le classifiche sulla corruzione si basano solo su questo aspetto percettivo, cioè sulle semplici interviste, è chiaro che l’Italia appare più infestata di corrotti di quanto non si dica per Stati in cui la magistratura è assoggetta al potere esecutivo e non esiste l’obbligatorietà dell’azione penale».
Nella catena di paradossi trova posto anche la sfiducia nei confronti delle istituzioni, che la maggiore intensità delle iniziative giudiziarie diffonde tra i cittadini, fino a renderli sempre più convinti di vivere nel regno dell’illegale. Un circolo vizioso sul quale gli Stati aderenti alla Convenzione Onu contro la corruzione si sono confrontati, sempre martedì, anche in un tavolo tecnico che lo stesso Tartaglia Polcini ha coordinato. «Vedremo se nelle prossime ore le risultanze del framework dell’Unodc porteranno ad approvare anche una nuova risoluzione, che consolidi il cambio di passo nelle misurazioni della corruzione. Di sicuro», nota con soddisfazione Tartaglia Polcini, «il ministro Nordio e il governo italiano sono riusciti ad aprire una strada che difficilmente potrà essere abbandonata».