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«In 6 forse trovano la determinazione per lanciare il guanto della sfida’. Con queste parole un ex collaboratore del Presidente Mario Draghi ci illustra il significato politico, anzi geopolitico, di quello che si sta preparando nell’economia globale e che, se farà passi avanti effettivi, cambierà drasticamente assetti e storie consolidate del capitalismo occidentale e globale.La faccenda riguarda le monete, per meglio dire, le monete digitali, ovvero il futuro della finanza secondo molti specialisti. I rappresentanti e i tecnici di sei importanti banche centrali, i 6 di cui ci parlava l’ex alto dirigente della Banca d’Italia, si incontreranno in Giappone nell’aprile prossimo. ‘La sede dell’incontro - ci spiega quell’ex alto dirigente - è già significativo di suo a livello geopolitico’. Il Giappone è l’economia chiave dell’Ocse al ‘confine’ del gigante capitalistico cinese; è l’economia guida del TPP, l’Accordo trans-pacifico abbandonato dagli Stati Uniti ma rimesso in piedi dal governo conservatore nipponico di Shinzo Abe; è assieme alla Cina anche l’interlocutore chiave dell’RCEP, il Trattato commerciale di cooperazione economico pan-asiatico che potrebbe vedere la luce proprio quest’anno. E’ quindi intrigante che proprio il Giappone di Shinzo Abe ospiti l’incontro di aprile fra gli emissari della Bank of Japan, della Banca Centrale Europea, della Bank of England e degli istituti centrali di emissione di Svezia, Svizzera e Canada.Le sei banche centrali guidate da BoJ e BCE vogliono ‘studiare’ assieme la possibilità di lanciare una moneta digitale garantita da banche centrali. E’ inutile annotare come una criptovaluta sovrana di questi sei paesi costituirebbe una possibile nuova rivoluzione capitalistica mondiale guidata appunto da sei importanti democrazie industriali avanzate, collocate politicamente ormai fra gli Stati Uniti assertivi di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping.Per capire un po’ meglio di che cosa stiamo parlando facciamo un salto indietro. Tutto inizia nel 2009 quando, dopo anni di studi e di ricerche in diverse parti del mondo, arriva ‘bitcoin’, la prima vera criptovaluta. Bitcoin, al contrario dei sistemi monetari guidati e governati dalle banche centrali, grazie ad una particolarissima tecnologia chiamata blockchain, si trova al centro di un sistema fortemente decentralizzato. Ovvero che consente transazioni finanziarie senza la garanzia e l’intervento, almeno a quello stadio, di istituti centrali di emissione o di governi. Sembra il Santo Graal dell’economia liberista radicale: una moneta senza banca centrale e quindi senza politica.Le criptovalute si diffondono nel mondo. Bitcoin come tutte le innovazioni di successo ha molte imitazioni. Nel 2018 ci sono circa 1800 criptovalute. E’ nato un nuovo, interessantissimo ma per ora limitato fenomeno economico.Il quadro cambia nel 2019, quando a maggio, Facebook annuncia il lancio quasi immediato di una nuova moneta digitale, ‘Libra’, creata dal colosso del web americano ma organizzata da una impresa, ‘Libra Association’, alla quale aderiscono grandi compagnie creditizie o del E-commerce, eBay, Mastercard, Visa, tanto per fare qualche nome.Il volume di ‘fuoco’ di Facebook, il miliardo e passa di suoi utenti, e il peso finanziario delle adesioni, basti pensare alle compagnie del credito come Mastercard e Visa, impone l’attenzione del progetto Libra a tutto il mondo. Al mondo dei potenziali utenti, il mondo della politica e il mondo dei banchieri centrali.L’austero ed ovattato mondo delle banche centrali in particolare entra in allarme rosso: le critpovalute fino a quel momento avevano creato molti dibattiti sia per la possibilità di creare sistemi monetari al di fuori di quei banchieri centrali sia per il rischio di bolle nel settore, ma alla fine la limitatezza del ruolo della moneta digitale allora aveva lasciato sull’argine problemi, contraddizioni e potenzialità. L’entrata nel campo delle criptovalute di un colosso come Facebook e di giganti come i suoi alleati avevano mutato campo e regole del gioco in un attimo. Gli ovattati banchieri centrali vedevano in pericolo il monopolio dell’emissione monetaria. Due sono state le risposte a quel punto: lo studio attentissimo delle monete digitali e le pressioni politiche sulle compagnie di credito che aderivano al progetto di Facebook. Sia come sia, nell’ottobre del 2019, alcuni importanti partner di Libra lascano l’impresa. Le banche centrali ora sono ‘salve’, ma le ricerche che stanno facendo aprono almeno potenzialmente una strada fino ad allora sconosciuta ma ricca di opportunità di tutte le specie: la strada delle monete digitali garantite da una banca centrale. Se le criptovalute ‘tradizionali’ come bitcoin per avere successo dovevano avere limiti intrinsechi alla loro diffusione e se Libra da parte sua per andare avanti doveva vedersela con le banche centrali, le medesime banche centrali alla fine potevano lanciare loro stesse monete digitali che non avessero i limiti di bitcoin e che non nascondessero i pericoli di libra.Tutte le banche centrali si sono messe allo studio, ma un istituto di emissione in particolare ha fatto capire che potrebbe essere pronto a lanciare una sua moneta digitale ‘sovrana’: la People’s Bank of China. La Cina in questo modo bypasserebbe i vincoli che ha la sua valuta nazionale, lo yuan tuttora non convertibile, per estendere la sua influenza anche nell’ambito monetario globale, un ambito finora dominio assoluto del dollaro. L’uso delle monete digitali ‘sovrane’ per le transazioni transfrontaliere ridurrebbe drasticamente i loro costi. I vantaggi per i risparmiatori sarebbero consistenti e ciò amplierebbe notevolmente l’influenza economica ed anche politica del paese la cui banca centrale lanciasse la critpovaluta. In gioco vi è la leadership delle transazioni finanziarie, il campo di Re Dollaro. Le mosse cinesi hanno evidentemente smosso anche le economie avanzate ‘non Usa’: non può sfuggire infatti che guarda caso Unione Europea, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Svizzera, Svezia, sono tutti paesi legatissimi alla visione multilateralista tanto da poter essere definiti membri dell’’Alleanza dei Multilateralisti’. Le sei banche centrali forse stanno trovando la determinazione per la grande sfida al dollaro?