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L’inchiesta sulla Fondazione Open, considerata "la cassaforte del renzismo", attiva fino al 2018, deve restare a Firenze perché qui potrebbe essersi consumato il reato più grave, la corruzione. Così la Procura di Firenze, tramite i pubblici ministeri titolari dell’indagine, Luca Turco e Antonino Nastasi, hanno respinto la richiesta di trasmettere gli atti ad altra Procura (per questioni di competenza territoriale a Roma o in subordine a Velletri o Pistoia) presentata dai difensori di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, indagati per finanziamento illecito ai partiti insieme a Luca Lotti, Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi. Dal reato di corruzione, però, secondo la Procura, sono da escludere Renzi e Boschi, che avevano presentato tramite i loro avvocati l’istanza di incompetenza territoriale. È la previsione di un delitto che prevede pene più gravi, la cui territorialità è individuata anch’essa a Firenze, che ha guidato la Procura nel rigetto dell’istanza dei difensori di Renzi e Boschi, che intendevano far trasferire l’inchiesta a Roma. Nelle motivazioni si legge che «dagli atti del procedimento emergono indizi di reità per il più grave delitto di corruzione», che essendo «reato più grave rispetto a quello iscritto a carico della istanti (cioè Renzi e Boschi, Ndr), e applicandosi il principio di diritto sopra richiamato, si deve ritenere competente per territorio la Procura della Repubblica di Firenze». Nessun dettaglio viene fornito dai pm Turco e Nastasi su a chi viene contestato il reato di corruzione. Di sicuro, chiarisce l’atto, gli indagati per l’articolo 318 del codice penale (corruzione per l’esercizio della funzione, reato commesso da un pubblico ufficiale) non sono Renzi e Boschi, ma queste ulteriori accuse sono «a carico di altri soggetti indagati del medesimo delitto di finanziamento illecito». L’indagine della Procura guidata da Giuseppe Creazzo ruota intorno alla presunta natura di articolazione di partito della Fondazione Open. Secondo le accuse, tra il 2012 e il 2018 la Fondazione avrebbe ricevuto «in violazione della normativa» 7,2 milioni di euro, somma complessiva raccolta attraverso le donazioni di numerosi finanziatori), spesi almeno in parte per sostenere direttamente l’attività politica della corrente renziana del Pd. A testimoniarlo, tra le altre cose, i riferimenti alle « primarie dell’anno 2012», al «comitato per Matteo Renzi segretario» e alle «ricevute di versamento da parlamentari». Sul punto l’ex sindaco di Firenze e gli altri indagati hanno sempre negato la natura di articolazione di partito della Fondazione, citando anche le decisioni della Cassazione che in due occasioni - riguardo la posizione di alcuni dei finanziatori non indagati - ha annullato i decreti di sequestro.