Oggi il Senato voterà il quinto decreto sull'Ucraina, quello che prolunga di 12 mesi, fino al 31 dicembre 2023, la delega sostanzialmente in bianco che concede a questo governo, come già a quello precedente, la facoltà di inviare armi senza passare per un voto del Parlamento. Un nuovo decreto potrebbe però essere necessario a breve per rispondere alla richiesta dell'Ucraina e degli Usa di fornire lo «scudo di difesa», che verrebbe tuttavia armato con missile francesi. Va da sé che per la premier è essenziale aver risolto la faccenda e inviato la strumentazione richiesta prima dell'annunciata visita a Kiev che sarà a ridosso del 24 febbraio, primo anniversario dell'invasione.

Inevitabilmente l'Ucraina è stata centrale anche nel colloquio romano di ieri tra la presidente del consiglio e quella della Commissione europea Ursula von der Leyen. Non perché l'Ucraina sia l'unico argomento all'ordine del giorno nell'agenda dei rapporti tra Roma e Bruxelles e neppure perché sia il più spinoso, casomai il contrario. Perché si tratta della carta che l'Italia può giocare ed effettivamente gioca per muoversi più agevolmente anche sugli altri tavoli, in particolare quello del Pnrr che era l'altro piatto forte nel menù di ieri. Molto meno diretta la correlazione tra l'impegno italiano sul fronte della guerra ucraina e temi ancor più spinosi come il rialzo dei tassi da parte della Bce e la scelta di interrompere l'acquisto dei titoli per iniziare anzi, sia pur gradualmente e con prudenza a venderli. Quella è competenza del board di Bce mentre questione ucraina e Pnnr fanno entrambi capo alla Commissione. Una relazione diretta dunque non c'è ma le istituzioni europee non sono aree prive di comunicazione e dunque anche su quel fronte la politica dell'Italia nei confronti dell'Ucraina ha il suo peso.

Non c'è motivo di nutrire dubbi sulla sincerità dello schieramento filo ucraino della premier. Tuttavia è evidente che la stessa Meloni è perfettamente consapevole del ruolo che gioca l'Ucraina nel gioco dei rapporti con la Ue da un lato, con gli Usa dall'altro, e senza dubbio userà quello strumento nelle trattative già in corso. Proprio i sospetti che circondavano la destra italiana alla vigilia delle elezioni, per non parlare dell'eterno pregiudizio nei confronti della “inaffidabilità” italiana rendono prezioso il ruolo di una presidente del Consiglio in grado di tenere sotto pieno controllo la sua maggioranza e di impedire un possibile smottamento che sarebbe per l'Europa pericolosissimo. Una volta aperta la strada, altri la imboccherebbero.

Il gioco di scambio funzionerà. Bruxelles sarà probabilmente molto meno rigida di quanto potrebbe dimostrarsi nella ridefinizione del Pnrr alla luce della nuova situazione economica. La stessa partita dell'immigrazione, che è stata l'argomento principale affrontato ieri, verrà giocata con spirito ben diverso, da entrambe le parti, rispetto a quello che segnò i rapporti tra Italia e Ue ai tempi del governo gialloverde. Persino il braccio di ferro sulla ratifica della riforma del Mes verrà almeno parzialmente stemperato, anche se né Bruxelles Francoforte intendono rinunciare a quella firma italiana in grado di bloccare l'intera riforma. Il solo problema è se e quanto reggerà la compattezza coatta della maggioranza che la premier è riuscita a ottenere. Qualche scricchiolio c'è.

Sullo scudo vengono avanzati, sia pur con la dovuta discrezione, dubbi dagli stessi vertici militari: temono di lasciare l'Italia sguarnita e indifesa. Il problema dei costi inizia a porsi, anche se quantificarli è impossibile dal momento che la materia è secretata anche per il Parlamento. Esitazioni istituzionali simili offrono un potenziale appiglio a chi nella maggioranza è molto più tepido della leader nei confronti del sostegno all'Ucraina, se non tutta la Lega almeno Salvini, se non l'intera Fi di certo Berlusconi. Non sono dissensi destinati a emergere ora. Se mai dovessero uscire allo scoperto sarebbe in primavera, quando di fronte a una ripresa del conflitto diretto che si profila di portata anche superiore alle battaglie dell'anno scorso, le richieste di Kiev e di Washington potrebbero innalzarsi di molti livelli.