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Carlo Nordio, ministro della Giustizia
«Silvio Berlusconi è morto, ma i guasti del berlusconismo sono destinati a durare a lungo. Almeno fino a quando sarà in vita il governo di destra che ne ha raccolto l’eredità in tema di politica della giustizia». Chi parla? Un leader dell’opposizione, magari non del Pd ma di forze più radicali? No, parla un magistrato. Un ex, autorevolissimo pm: si tratta di Giuseppe Volpe, ex procuratore di Bari. La frase è l’incipit di un ampio articolo che la toga firma sulle pagine pugliesi di Repubblica. È un’analisi critica pesantissima sulla riforma della giustizia targata Nordio. Altro flash. Siamo all’assemblea annuale dell’Ance, l’associazione dei costruttori, introduce la presidente Federica Brancaccio: «Ci siamo caricati il Paese sulle spalle, lo abbiamo tirato fuori dalla crisi nonostante, con la pandemia, avesse perso 600mila lavoratori: ora i costruttori vogliono dal governo decisione e chiarezza sulle riforme e sull’attuazione del Pnrr, ma soprattutto fiducia. Intanto accogliamo positivamente la riforma della giustizia approntata dal ministro Carlo Nordio». Ancora: «L’intervento sull’abuso d’ufficio va nella giusta direzione, anche se si può fare di più: il principio costituzionale di innocenza non può avere deroghe».
Forse basta. Basta a definire un quadro chiarissimo. Il governo di centrodestra sostenuto dal mondo delle imprese, dalla cosiddetta parte più dinamica del sistema, ma aspramente contrastato da alcuni apparati dello Stato, magistratura in primis. Sembra la replica dell’era Berlusconi, e in questo il procuratore Volpe dice una cosa indiscutibilmente vera. Con il ddl Nordio si certifica un progetto politico liberale, garantista e ispirato alla semplificazione. Che piace alle imprese ma non alle toghe. E che vede il centrosinistra schierato con le seconde. Come nel ventennio di Silvio. Elly Schlein non a caso, rilancia l’attacco a Nordio, divenuto improvvisamente il primo bersaglio dell’opposizione, anche per la sua presunta “collusione ideologica” con gli evasori: accusa che, di nuovo, assimila il guardasigilli al centrodestra berlusconiano. «Credo sia grave avere a ripetizione affermazioni di componenti del governo che sostanzialmente legittimano l'evasione fiscale», premette con l’ennesimo rifermento ala frase di Nordio sull’imprenditore che nessun esercito di commercialisti potrebbe salvare. «Ci spieghi il governo se la linea è usare la clava con i poveri e le carezze agli evasori», e liquida le frasi del guardasigilli come «un insulto a tutti i contribuenti onesti che le tasse le pagano».
Come si difende Nordio? Intanto a garantire la linea politica sulla giustizia provvede direttamente la premier Giorgia Meloni. Intervenuta come il suo ministro alla citata assemblea dell’Ance, seppur con un videomessaggio: «Il governo si fida delle imprese: certo, se la fiducia viene tradita la risposta deve essere dura, perché le prime a essere danneggiate sono aziende e cittadini che hanno rispettato le regole, ma non si può partire dal principio di colpevolezza verso tutti, come è stato per troppo tempo. Abbiamo ribaltato questo paradigma nel codice degli appalti», dice Meloni, «e intendiamo farlo anche nelle altre riforme strategiche che il governo sta portando avanti». Chiaro riferimento al ddl giustizia di Nordio, innanzitutto all’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Che il guardasigilli, davanti ai costruttori, spiega e difende ancora una volta: «La cosiddetta paura della firma incideva sull’amministratore onesto, impaurito non dalla condanna, che non sarebbe mai arrivata né tantomeno dalla prigione, ma dall’indagine e dall’informazione di garanzia che si era trasformata in garanzia di informazione», cioè negli attacchi di una stampa «spesso ostile». Questo, secondo il ministro, «produceva l’inerzia della Pa e rallentava tutta la macchina burocratica, facendo dell’Italia un luogo poco attrattivo per gli investitori, soprattutto quelli stranieri». È il paradigma della riforma. Integrata da Nordio in un più ampio “manifesto liberale”. «Serve la semplificazione normativa, ma anche la fiducia nelle imprese, perché voi create una ricchezza che non può essere distribuita se non viene creata». Fino alla risposta a Schlein: «Io non ho mai parlato a favore dell’evasione fiscale: ho chiesto poche e coerenti leggi». Ribadisce, in linea con Meloni, che il programma economico del governo «non è repressivo e ostile, ma ripone fiducia nel cittadino». Applausi dei costruttori. Anche quando afferma che «è necessaria una presunzione onesta nei vostri confronti». Ovazione. Le imprese sono con il governo di centrodestra, garantista e riformista anche in campo fiscale. Sul fronte opposto il centrosinistra e la magistratura. È la scena di vent’anni fa. Anche se, come ricorda Volpe, Berlusconi non c’è più.