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La battaglia tra Pd e Liberi e uguali è solo all’inizio. E appena la campagna elettorale entrerà nel vivo, c’è da scommettere, le due liste divise della sinistra di governo se le daranno di santa ragione, perdendo di vista la competizione con centrodestra e Cinquesttelle. A tenere banco in queste ore è la polemica tra il tesoriere dem, Francesco Bonifazi, e il leader del nuovo partito, Piero Grasso. Il nodo della questione: i soldi che il presidente del Senato dovrebbe versare nelle casse del Nazareno, in quanto ex membro del gruppo parlamentare Pd. In ballo, secondo quanto denuncia il responsabile renziano dei conti, ci sono 83.250 euro, denaro che il capo della formazione dalemiana avrebbe dovuto sottrarre dal suo stipendio in cinque anni. Invece, a sentire Bonifazi, Grasso sarebbe l’unico ex dem transitato nel nuovo partito a non aver pagato nemmeno una rata. Perché di morosi tra i fuoriusciti - fatti salvi Bersani, Rossi e Epifani che hanno saldato tutto prima dell’abbandono - ce ne sarebbero parecchi, ma nessuno avrebbe raggiunto i livelli dell’ex procuratore nazionale antimafia. Così, il tesoriere del Pd ha deciso di inviare un’email - diffusa da Repubblica - all’ex compagno di partito per sollecitare i pagamenti. Perché con la fine del finanziamento pubblico, anche le riserve della forza politica di maggioranza si sono esaurito. E l’autotassazione, circa 1.500 euro al mese per i parlamentari, è rimasta una delle poche forme di sovvenzio- ne con cui mandare avanti la “baracca”. E i soldi di Grasso, come quelli degli altri eletti, servono a foraggiare un fondo di garanzia a sostegno di 180 dipendenti in cassa integrazione.
La missiva di Bonifazi, però, non serviva solo a ricordare al capo di LeU le sue pendenze col partito che l’ha fatto sedere sullo scranno più alto di Palazzo Madama, conteneva anche una serie di stoccate malevole sulla dichiarazione dei redditi di Grasso, l’unico a non aver problemi economici per aver evaso la norma sul tetto massimo di 240mila euro annui per i dirigenti della pubblica amministrazione. Un dettaglio su cui adesso si concentrano le invettive dei renziani. «Una caduta di stile, che getta un’ombra su una grande personalità: non soltanto il presidente Grasso è l’unica carica istituzionale a non rispettare il tetto da 240mila euro allo stipendio cui il primo a adeguarsi è il presidente Mattarella, ma è anche in arretrato con i soldi che tutti gli eletti Pd in Parlamento devono al partito», commenta il deputato Michele Anzaldi. «Speriamo che questa storia si possa sanare prima possibile. Le quote al partito sono dovute per statuto e sono ancor più necessarie nel momento in cui i dipendenti sono in cassa integrazione dopo lo stop dei finanziamenti pubblici ai partiti. Sorprende che una persona simbolo di legalità e rispettosa delle regole come Grasso ancora non si sia messa in ordine coi regolamenti». E se Anzaldi suona la carica, Alessia Morani si butta nella mischia e rilancia: «Mi auguro che il presidente Grasso voglia smentire quanto riportato da alcuni giornali riguardo il suo mancato adeguamento al tetto retributivo: questo Pd si è battuto per il taglio ai super stipendi e non può accettare che la seconda carica dello Stato agisca in spregio a principi condivisi da tutti, dalle più alte cariche ai manager pubblici». In realtà, la norma sul tetto retributivo sarà valida ancora per un giorno. Dal primo gennaio ogni vincolo sparirà, ma sul pregresso Grasso non ha ancora fornito risposte. «Il leader di Leu era partito all’inizio della legislatura con un messaggio che trasmetteva un grande senso di responsabilità e di giustizia sociale, non vogliamo pensare che fosse solo uno spot», attacca a testa bassa Morani. «Certo, la morosità di Grasso nei confronti del partito che lo ha eletto tra le file del Senato non è un buon biglietto da visita per chi si presenta e si professa come il salvatore della sinistra». Per la deputata dem, essere di sinistra significa rispettare le regole, uguali per tutti, in modo che ciascuno possa essere libero. «Ci auguriamo che Grasso possa smentire notizie che lo infangano oppure che rinsavisca al più presto e saldi i suoi debiti».
Grasso per ora non risponde, ma Berlusconi e Di Maio ringraziano i contendenti.