La premier è furibonda e ne ha ben donde. E' sul punto di raggiungere un risultato brillante, probabilmente uno degli elementi fondamentali a cui pensa quando dice ai suoi ufficiali. La sterzata brusca e drastica del Ppe ha sovvertito gli esiti sin qui per Giorgia disastrosi della partita europea.

Se non ci saranno incidenti di percorso in extremis Raffale Fitto otterrà una vicepresidenza esecutiva della Commissione e deleghe molto importanti. Avrà un ruolo più incisivo di quello che spettava a Gentiloni nella Commissione uscente e ha tutto il suo peso il fatto che per la prima volta un esponente della destra radicale, distante dalle formazioni tradizionali dell'establishment europeo, assurge a tali vette. Appena due mesi fa, dopo la batosta europea di luglio, la premier italiana era messa in croce con l'accusa di aver reso il Paese irrilevante e marginale. Si preparava dunque a ribaltare il tavolo rivolgendo contro gli avversari, come un classico boomerang, la critica sul punto di rivelarsi infondata.

Peccato che questa soddisfazione Giorgia Meloni non possa davvero togliersela. La festa è rovinata da una vicenda di nessun peso sostanziale ma ad altissimo tasso di visibilità mediatica come quella che coinvolge e minaccia di travolgere Sangiuliano. Di concreto al momento c'è pochissimo. Nella sua raffica di post notturni la “consulente” Maria Rosaria Boccia non ha dimostrato né di aver anche solo sbirciato documenti top secret né di essere costata un euro al ministero, e date le abitudini dei governi da sempre se anche ci fosse stato un biglietto pagato non sarebbe stato un grosso scandalo.

Ma al ministro può e dovrebbe essere rinfacciato l'aver lasciato ampio spazio a una persona che entrava nelle sedi istituzionali con la videocamera negli occhiali, che registrava e archivia le conversazioni, insomma una classica figura dalla quale un esponente delle istituzioni dovrebbe tenersi il più lontano possibile invece di spalancarle troppe porte. Fosse tutto qui. Il ministro Sangiuliano ha affrontato la spinosa vicenda nel modo peggiore, tanto da ingigantire con i suoi errori , le omissioni, le reticenze, una faccenda che, se affrontata in modo accorto e responsabile, non sarebbe mai arrivata oltre il livello infimo che avrebbe meritato. Se fosse costretto alle dimissioni per un vicenda di nessun rilievo istituzionale o penale diventerebbe davvero intollerabile la permanenza al proprio posto di una ministra al centro di vicende infinitamente più serie e gravi come Daniela Santanchè.

La premier sarebbe probabilmente costretta ad affrontare anche quel ciclopico guaio con esiti difficilmente prevedibili. Dunque la sua ira e il monito lanciato ieri sono comprensibili e giustificati. Il problema è che la presidente se l'è presa con i suoi, che espongono il fianco, e con un'opposizione pronta ad attaccarsi a tutto come effettivamente è. Però ha dimenticato si mettere nel mirino anche se stessa, come sarebbe invece giusto e necessario.

Il punto debole di Giorgia Meloni è la sua squadra, intesa come governo ma anche spesso come stato maggiore del partito. FdI non era pronta a governare e nessuno dotato di ragione poteva aspettarsi che un partito passato in pochi mesi dal 4 al 26% e passa lo fosse. Il problema è che nei due anni trascorsi da quando ha vinto le elezioni la premier e leader della destra non ha fatto nulla per risolvere la situazione. Da questo punto di vista, e forse solo da questo, è rimasta il capo di un partito-ghetto del 4% in preda a permanente sindrome da assedio.

In concreto, si è limitata a fare muro sempre e comunque intorno ai suoi: per respingere gli attacchi dell'opposizione, come era normale che facesse, ma senza poi mai intervenire per rimuovere i problemi e coprire i fianchi esposti. Si tratta di un errore e di una mancanza di coraggio che potrebbero rivelarsi esiziali. Pur mettendo da parte la retorica del “fare la storia”, Giorgia Meloni sta davvero giocando una partita molto importante per se stessa, per la destra e per il Paese. Rischia di perderla andando a sbattere non sul bilancio o sulla politica ma estera ma sugli affari torbidi della ministra Santanchè o, peggio, sulle marachelle coniugali del ministro Sangiuliano.