È consuetudine quasi universale nei Paesi democratici che il vincitore delle elezioni, al momento di entrare in carica, rassicuri i perdenti garantendo che sarà “il presidente di tutti”. La formula è praticamente fissa ed è certo spesso ipocrita ma non insensata.

Anche quando resta puro omaggio formale quel rituale di circostanza serve a confermare la consapevolezza del vincitore di non poter governare solo in nome della propria parte. Non è un omaggio retorico agli sconfitti, tanto più che quasi sempre il governante non è affatto “di tutti”: è un omaggio alle regole basilari di una democrazia non plebiscitaria.

Quel che lascia così stupefatti, nel discorso della corona di Donald Trump, è che il presidente degli Usa ha fatto esattamente il contrario. Ha promesso di non essere affatto “il presidente di tutti” ma solo di quella metà dell'America che sta dalla sua parte e di usare. Ha illustrato un programma che ignora ogni necessità di mediazione e dialogo con gli avversari, trattati anzi come traditori che per stupidità o malafede hanno messo quasi in ginocchio gli Stati Uniti d’America.

Ma per quanto Trump, leader neoisolazionista, si rivolgesse davvero solo al suo potente Paese, il manifesto che ha illustrato nel primo discorso da presidente si sarebbe potuto applicare praticamente a tutto l’Occidente. È stato un campionario delle crociate della destra occidentale tutta e un atto d’accusa che in ogni Paese europeo la destra potrebbe riprendere più o meno di peso per brandirlo contro la sinistra.

L’insediamento del quarantasettesimo presidente degli Usa è stato davvero la festa della destra radicale non solo e non tanto perché gran parte dei convenuti fanno politica sotto quella bandiera ma anche e soprattutto perché comuni a tutti sono quasi tutte le bandiere issate dall’uomo che torna dopo quattro anni alla Casa Bianca.

Quei temi, identici in tutto l’Occidente, sono cinque. Il primo è la crociata contro l’immigrazione clandestina, principale vento in poppa della destra ovunque. Subito dopo la resistenza contro la riconversione ecologica, il Green Deal, ormai quasi più determinante della stessa immigrazione anche per l’approccio ideologico e sbrigativo col quale è stata sin qui affrontata. Poi la Sicurezza, sempreverde di ogni destra da sempre e probabilmente per sempre. La guerra contro la cultura woke, inclusiva e politicamente corretta, causa resa certo più popolare dalle assurde esagerazioni di quella cultura. Infine la priorità assoluta ed egoistica dell'interesse nazionale.

I capitoli salienti della narrazione trumpiana sono uguali per tutti. Ma almeno in Europa chi è arrivato al potere, o ci si sta avvicinando, si è sempre premurato di rendere quei temi almeno in una certa misura accettabili e addomesticati. L’esempio Meloni è esaustivo. Da quando è entrata a palazzo Chigi la premier ha riposto in un cassetto chiuso a chiave ogni fantasia di “respingimento” sull’immigrazione.

La critica alla riconversione ecologica è declinata in modo da essere condivisibile anche dall’intera area moderata e persino da parte della sinistra. Chiede infatti di impegnarsi sì in quella missione ma in modo equilibrato e realistico, anche per impedirne l’altrimenti probabile fallimento. La difesa della famiglia tradizionale ma con massima attenzione a non prendere direttamente di petto le minoranza, anche perché da noi il fronte woke è molto meno aggressivo e prepotente che nei Paesi anglosassoni.

Il sovranismo resta ma coniugato con un europeismo ormai sempre più rumorosamente ostentato. Solo sulla sicurezza il governo italiano esagera in proclami e in decreti. Il caso Meloni non è isolato: Marine Le Pen, che ambisce alla presidenza nelle elezioni del 2027 in Francia e stavolta potrebbe farcela, segue già da parecchio un percorso di istituzionalizzazione molto simile a quello di Meloni, con la rilevante eccezione della posizione sulla guerra in Ucraina, ed è stata non a caso molto tiepida nel complimentarsi con Trump dopo la sua vittoria.

L’arrivo alla Casa Bianca del Trump che abbiamo visto in una impressionante diretta tv due giorni fa, se non cambierà come è certamente possibile nei prossimi mesi, stravolge il quadro. Elimina, o almeno ridimensiona di molto, l’obbligo di apparire ma anche in buona parte essere davvero istituzionalizzati per la destra di tutta Europa. Non a caso Elon Musk sponsorizza quella AfD tedesca che in Europa, proprio in nome della “presentabilità” è stata messa al bando da tutti: dai Conservatori di Giorgia ma anche dagli stessi Patrioti di Orbàn e Salvini.