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Giorgia Meloni ha ritirato la querela nei confronti dello storico Luciano Canfora. Il filologo 82enne, seguito dall’avvocato Michele Laforgia, era in giudizio a Bari, accusato di diffamazione aggravata. La leader di Fratelli d’Italia, che era stata definita da Canfora «neonazista nell’anima» nell’aprile 2022, aveva chiesto un risarcimento di 20 mila euro.
L’inizio del processo era fissato per il 7 ottobre: il 18 aprile scorso il giudice Antonietta Guerra, del tribunale di Bari, aveva disposto il rinvio a giudizio dello storico perché si era rivelata necessaria «una integrazione probatoria approfondita incompatibile con l’udienza predibattimentale». Nei mesi scorsi 30 associazioni e organizzazioni, oltre 250 cittadini, hanno firmato un appello di solidarietà nei confronti di Canfora, tra questi i sei comitati provinciali di Anpi, Arci Puglia, Cgil, Libera, la fondazione Di Vagno, partiti politici, associazioni politico-culturali, le organizzazioni studentesche regionali riunite nella Rete della Conoscenza.
L’episodio contestato risale all’11 aprile di due anni fa, quando Meloni era parlamentare d’opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi. Canfora fu invitato a parlare nel liceo scientifico Fermi di Bari nell’ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino e definì Meloni «neonazista nell’anima», «una poveretta», «trattata come una mentecatta pericolosissima». Per questo l’attuale premier aveva querelato il filologo e la procura di Bari aveva chiesto la citazione diretta in giudizio.
Canfora avrebbe «senza giustificazione alcuna - si leggeva nell’atto del legale di Meloni - leso l’onore, il decoro e la reputazione della persona offesa». «Aggredendo, vieppiù, la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita, utilizzando volgari epiteti - imprevedibili ed estemporanei - che hanno seriamente minato la sfera intima e privata, oltre al patrimonio morale e personale della stessa persona offesa».
La dinamica dei fatti avrebbe «determinato profondi strascichi sulla psiche e sull’immagine personale e professionale della parte civile, tenuto conto dell’ingiusta lesione del diritto inviolabile inerente la propria dignità, immagine e reputazione». La richiesta di risarcimento sarebbe stata «motivata, anzitutto, dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione alla reputazione, all’onore e all’immagine» della premier. Con la remissione della querela, cade il procedimento penale e quindi il processo non avrà seguito.