Alessandro Cattaneo è stato un giovanissimo militante berlusconiano. Può essere considerato fra i veterani della delegazione azzurra a Montecitorio nonostante abbia alle spalle solo un’altra legislatura in virtù del proprio percorso movimentista, vicino ai cosiddetti “Circoli” inventati da Marcello Dell’Utri, e di un attivismo che, nel lontano 2009, lo portò a diventare sindaco di Pavia, ad appena 30 anni.

Cattaneo è insomma della vecchia guardia forzista: non a caso è stato vicecoordinatore nell’interregno che ha preceduto l’elezione di Antonio Tajani, ed è tuttora responsabile Dipartimenti di FI. E perciò un po’ si resta spiazzati, nel leggere le parole consegnate ieri dal deputato azzurro al Foglio: “Noi di Forza Italia non vogliamo il ritorno a una fase di contrapposizione tra magistratura e politica, non vogliamo guerre sante”. Forse un inedito, nella storia di un movimento segnato in modo irreversibile dalle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. A proposito delle quali, Cattaneo puntualizza: “Quella stagione l’ho vissuta da vicino, il Cav resta un caso unico e irripetibile. Ma credo che oggi, per fortuna, siamo lontani da quei toni e da quel periodo”.

Sono argomentazioni che suonerebbero persino mediamente scontate, se non provenissero da un berlusconiano. E sono frasi che non hanno un senso facilmente intellegibile, all’infuori di una lettura strettamente ancorata alla strategia inaugurata da Forza Italia con lo Ius scholae. Strategia che consiste nel distinguersi chiaramente dagli alleati, innanzitutto da Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni, competitor a cui gli azzurri ritengono di poter portar via consensi e con il quale i figli del Cavaliere non intendono “confondersi”. La logica dello smarcamento moderato non cambia persino quando la premier lascia trapelare propositi bellicosi rispetto al protagonismo dei pm, sollecitata dai timori di un’indagine sulla sorella Arianna. Ecco: che FI, pur di allontanarsi da Meloni, arrivi a contraddire la leader dell’Esecutivo sulla giustizia e sul potere debordante delle Procure, è davvero straniante.

Il punto è che, come ricordato nei giorni scorsi su queste pagine, la premier è determinatissima nel voler dare slancio alla separazione delle carriere, non appena la ripresa dei lavori parlamentari lo consentirà. Uno dei suoi dirigenti più fidati, il capogruppo FdI a Montecitorio Tommaso Foti, ha persino sorpreso Forza Italia e Lega quando, una decina di giorni fa, ha annunciato che il ddl sul divorzio fra giudici e pm arriverà nell’aula della Camera con un diritto di precedenza rispetto al premierato, la madre di tutte le riforme, nella prospettiva iniziale di Palazzo Chigi. Come si comporterà, il partito di Tajani, nel momento in cui il resto della maggioranza serrerà le fila per arrivare il prima possibile all’ok sulle carriere separate?

Quale sarà la linea degli azzurri nel momento in cui, a fronte di quelle accelerazioni, l’Anm metterà in azione la propria contraerea mediatica? Davvero i berlusconiani proveranno a esibire un profilo moderato, addirittura “laico”, sulla giustizia, anche sulla modifica costituzionale che dovrebbe smilitarizzare le toghe, depotenziare i pm negli assetti di potere interni alla magistratura e svuotare il peso politico dell’Anm?

Cattaneo – in un’intervista che davvero sembra spiegarsi, nei passaggi sulla giustizia, solo con lo sfizio di marginalizzare il rancore di Meloni per l’ipotetica ipotesi di traffico d’influenze a carico della sorella – qualifica, come detto, la vicenda del Cavaliere come irripetibile. Sorprende però l’assoluta indifferenza del responsabile Dipartimenti di Forza Italia rispetto al caso Toti, che ha riproposto eccome il nodo delle pretese moralizzatrici coltivate dalla magistratura nei confronti della politica.

Nell’indagine ligure, e nella censura avanzata da pm e giudici contro la ricerca di sostegni economici da parte dell’ex governatore, ci sono elementi che dovrebbero allarmare il centrodestra, anziché tranquillizzarlo al punto da indurre la sua componente più orgogliosamente garantista a proclamare che non è più tempo di conflitti con la magistratura. Chissà cosa ne pensa la schiera di parlamentari- avvocati che, in questi due primi anni di legislatura, ha consentito a Forza Italia di distinguersi proprio per l’approccio liberale sulla giustizia.

Pensiamo al viceministro Francesco Paolo Sisto, ma anche agli altri penalisti di professione che, nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato, si sono battuti con successo su dossier altrimenti blindati dalla vocazione securitaria di FdI e Lega: Tommaso Calderone, Annarita Patriarca e Pietro Pittalis a Montecitorio, Pierantonio Zanettin a Palazzo Madama.

Sono stati loro a proporre e ottenere misure come il primo serio stop alle intercettazioni a strascico e la legge sul prelievo di dati dallo smartphone dell’indagato. Bene, ora ci aspettiamo che, tutti insieme, facciano comprendere a Cattaneo come a tenere vivo il conflitto non è il centrodestra, e neppure Arianna Meloni, ma proprio la magistratura. Chissà se basterà a evitare che FI, nell’apprezzabile sforzo di consolidare l’identità moderata, non arrivi a rinnegare idee capaci di assicurarle il buon successo delle ultime Europee.