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Niente G20 in Giappone, per l’Italia, perché il ministro degli Esteri è “impegnato in un tour in Sicilia”. Si discute di commercio, immigrazione, sviluppo sostenibile in quello che è una sorta di consiglio d’amministrazione dei paesi più rilevanti del mondo, ma il ministro degli Esteri italiano non ci sarà, farà invece una dozzina di tappe sicule in un week end, visiterà a fondo una regione nella quale non sono neanche alle viste elezioni. Cosa ci sia in Sicilia di così importante da far saltare la presenza dell’Italia a un G20, un fatto inedito nella storia nazionale, non si sa.
Non una presa di posizione politica sulle crisi aperte a Hong Kong, in Bolivia, Venezuela, Cile, Argentina, Iraq, Iran e via elencando. Dal Quai d’Orsay, dal Foreign Office, da Santa Cruz e perfino dall’Auswärtiges arriva una nota ufficiale al giorno, spesso son documenti congiunti: dall’Italia, niente. Se va bene, aggiunta in coda. “Non vogliamo interferire” sono le uniche parole pronunciate su una crisi di portata internazionale, con ineffabile plurale majestatis, dall’attuale capo della diplomazia italiana: probabilmente solo perché si trovava a Shanghai lungo la da lui amatissima “Via della Seta”, e la rivolta di Hong Kong gli tambureggiava a un passo.
L’altro giorno un drone italiano è stato abbattuto in Libia. Haftar ha fatto sapere subito “siamo stati noi”, dal ministro - e l’Italia ha tra l’altro 300 militari schierati a Misurata- non un sospiro. Sarà un caso che a breve, sulla Libia che il mondo si ostina a considerare nostra ( ed era ormai l’unica) sfera d’influenza, si terrà una conferenza internazionale non a Roma ma a Berlino? L’ultima figuraccia poi riguarda l’arrivo, i primi di dicembre, del più importante ministro degli Esteri che operi attualmente sulla scena mondiale, il russo Sergeji Lavrov. Poiché la visita sembra confermata, se ne deduce che Luigi Di Maio in quei giorni non sarà in grand tour. Ma girano rumours incredibili: Lavrov doveva essere accompagnato dal ministro della Difesa, ma forse verrà da solo perché ai russi dall’Italia si sarebbe risposto “noi al ministro della Difesa russo non abbiamo nulla da dire”. Anche volendo non crederci, anche prendendo la faccenda come malevolmente riportata, essa racconta perfettamente lo stato di salute in cui versa la nazione sulla scena internazionale: una reputazione che rischia di sprofondare, e nel ridicolo.
Occorre considerare che, nel corso dei decenni, l’Italia ha combattuto per essere ammessa e poter partecipare ai G7 e G20. Eravamo una media potenza, presi in considerazione per la posizione strategica nel Mediterraneo, avevamo la potenzialità di far da cerniera da Est a Ovest e tra Sud e Nord, e le nostre missioni di peace keeping molto apprezzate a partire dal Libano ormai quasi mezzo secolo fa. Si sta sulla scena internazionale tessendo rapporti e alleanze, offrendo e negando, e stare sulla scena internazionale significa aprire le porte ai commerci: vitale, per un Paese che tra l’altro non dispone di materie prime. Non andare al G20 di Nagoya significa contraddire la propria funzione di ministro rappresentante dell’Italia, oltre che rinunciare ad aver voce in capitolo su sviluppo, sostenibilità ambientale, cooperazione con l’Africa, immigrazione, commercio. Di Maio sarebbe dovuto andare, magari prendendo posizioni criticabili, ma non rinunciare. E non solo perché tra poco più di un anno sarà proprio Roma a ospitare il G20.
Nemmeno con l’Europa va meglio. L’incredibile vicenda del Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ESM, la dice lunga. In un percorso di riforma e semplificazione dello scudo creato nel 2011 per far fronte agli shock finanziari derivanti dalla crisi dei debiti sovrani, percorso iniziato a giugno e che passerà per l’Eurogruppo del 4 e poi per il Consiglio europeo del 12 dicembre, abbiamo scatenato un putiferio politico. Accusando Conte di “aver firmato” quando invece i passaggi, compresa una audizione in Parlamento il 10, erano già fissati. E seguendo la vulgata leghista di mesi fa, secondo la quale il meccanismo escluderebbe dalla protezione i Paesi - come il nostro- non in regola con il Patto di Stabilità, quando invece quella è solo la posizione di alcuni, come l’Olanda. Son dovuti intervenire il governatore della Banca d’Italia e il ministro Gualtieri a chiarire che “l’ESM non introduce l’obbligo di ristrutturare il debito”: c’era cascato pure il presidente dell’Abi Patuelli. Un altro colpo alla credibilità nazionale: perché anche in questo caso è evidente che il nostro ministro degli Esteri ama lo stagno delle polemiche politiche nazionali, perdendo di vista - come dire- il resto del mondo e il ruolo italiano nel mondo.
E non si creda che alle contorsioni dei rappresentanti dell’esecutivo possano mettere una toppa competenti funzionari o solerti dirigenti ministeriali. Come racconta il Corriere della Sera, coloro che dallo Sviluppo Economico dovrebbero far da sherpa per il Paese in Europa non possono varcare il confine perché la “rivoluzione” che al ministero ha imposto Di Maio nella sua precedente infelice gestione è tale che non si riesce più nemmeno ad autorizzare una trasferta. Pare anche che giorni fa, in vista della nuova Europa che dovrebbe per l’appunto vedere la luce ai primi di dicembre, a Bruxelles si sia tenuta una riunione informale ma ad alto livello. Al centro della discussione le sfide per l’appunto della nuova stagione, l’ESM, il completamento dell’ unione bancaria, la nascita del bilancio comune della Ue. L’Italia a quel tavolo non c’era. Non solo: pare che non sia stata mai neanche citata.