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La decisione sulla data della riunione per la Giunta del regolament che dovrà decidere verrà decisa solo stamane dall'ufficio per il regolamento. A sorpresa la presidente Casellati ha accolto la richiesta, congelata da mesi, di integrare la giunta con una rappresentate del gruppo misto, la presidente Loredana De Petris e una delle autonomie. In questo modo maggioranza e opposizione sono in parità. Di conseguenza tutto dipende da come verrà posto il quesito dal momento che in caso di parità la vittoria sarà assegnata ai no.
La sfida sul voto della giunta per autorizzazioni a procedere sulla richiesta a carico dell'ex ministro Salvini si è conclusa ieri dopo altre 24 ore di tregenda. Dopo la rissa notturna in capigruppo, finita con un nulla di fatto la giornata si era aperta con l'attesa di un colloquio tra i due presidenti, quella del Senato Casellati e quello della giunta per le autorizzazioni Gasparri, nel quale la prima avrebbe dovuto tentare di convincere l'altro a rinviare la seduta del 20 gennaio e il voto sull'autorizzazione contro Salvini.
Aspettativa poco spiegabile, dal momento che la Casellati, in materia, concorda in pieno con il compagno di partito azzurro Gasparri. Entrambi ritengono che la giunta, essendo soggetto giurisdizionale in sé, non debba uniformarsi alle altre commissioni, i cui lavori sono sospesi dal 20 al 24 gennaio. La presidente infatti ha rifiutato la missione diplomatica e ha fatto spallucce anche di fronte all'invito di comunicare almeno a Gasparri gli esiti della tempestosa capigruppo della sera prima e le richiesta della maggioranza.
La spinosa faccenda è così finita in aula, derubricata per l'occasione ad arena e maxi ring, non avendo i senatori facoltà di influenzare con il loro voto le decisioni della giunta. A sorpresa, Lega e Fi hanno chiesto di rimettere la decisioni nelle mani della giunta per il regolamento, incaricata di dire una volta per tutte le la giunta per le autorizzazioni deve o non essere considerata organo a sé, svincolato dalle altre commissioni. Era una proposta destinata a rialzare al massimo la tensione. Nella giunta per il regolamento, infatti, la maggioranza si trasforma in minoranza, anche in seguito al passaggio dal M5S alla Lega del senatore Ugo Grassi. Da mesi è stato chiesto alla presidente del Senato di integrare la giunta con nuovi componenti per riequilibrare il rapporto tra maggioranza e opposizione portandolo almeno in parità, ma la Casellati, a cui spetta la decisione finale in materia, non lo ha ancora fatto.
In aula sono volate scintille e anche qualcosa in più, ma la presidente ha accolto comunque la richiesta, previo incontro con la maggioranza che ha chiesto, invano, di integrare la giunta. In queste condizioni, l'esito di un consesso nel quale la destra è maggioranza assoluta era scontato in partenza e una volta riconosciuta l'autonomia della giunta il parere del presidente Gasparri a favore della conferma del voto per il 20 gennaio, già votato dall'ufficio di presidenza non incontra più ostacoli.
E' stato un braccio di ferro lungo e in piena regola. Ci sono stati strilli e litigi acerrimi. Sono volate citazione grevi dai classici del cinema italiano, incluso il celeberrimo ' io so' io e voi nun sete ' n cazzo', dottamente riapplicata da Calderoli alla seconda cittadina dello Stato, Elisabetta Casellati. Ci sono stati duelli procedurali che il sesso degli angeli, al confronto, sembra materia di chiacchiera quotidiana, pane e salame. Ci sono state reciproche accuse di grave scorrettezza, violazione delle regole più elementari, spregio della democrazia sostanziale.
Basti dire che nel giro di tre giorni la partita si è snodata in una quantità vertiginosa di sedi: la giunta per le autorizzazioni, l'ufficio di presidenza della stessa, la conferenza dei capigruppo, la giunta per il regolamento, l'aula. Considerata la portata risibile della posta in gioco, la sproporzione salta agli occhi e dice moltissimo sullo stato delle cose e sul nervosismo della maggioranza.
Sull'esito finale della vicenda, infatti, non ci sono dubbi. In ballo c'è solo la data del primo sì all'autorizzazione, quello della giunta, al quale seguirà poi, intorno al 16 febbraio quello altrettanto certo dell'aula. A giustificare l'assurdo braccio di ferro sulla data di un voto scontato c'è solo la scadenza del voto in Emilia- Romagna e l'estrema incertezza che lo circonda. Secondo i conti di chi l'Emilia- Romagna la conosce a menadito la provincia è già in mano a Salvini. Tutto dipende dall'esito di cinque città: Bologna, Reggio, Modena, Ravenna, Parma. Un pugno di voti può fare la differenza. E il voto della giunta, adoperato da Salvini per presentarsi come martire, può orientare quel pugno di voti.